29 aprile 2006

 

Idee, critica e senso della Storia non bastano, se mancano organizzazione e pubblicità.

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SBAGLIATE LE CRITICHE A DESTRA E SINISTRA

LIBERALI, I PEGGIORI NEMICI DI SE STESSI

NICO VALERIO, L’Opinione, 15 marzo 2006

I nostri amici liberali, di ogni tendenza, partito e schieramento, oggi si lamentano e gridano al tradimento e all’incomprensione. "Ah, in che Italia illiberale viviamo – dicono – che razza di mascalzoni politici che abbiamo. Ci hanno boicottato, non hanno rispettato i patti, non hanno voluto inserire liste liberali e neanche candidati liberali né a Destra né a Sinistra". Ma i nostri amici sbagliano, e di grosso.

La politica non è la Congregazione delle Dame di S.Vincenzo, in cui è buona norma fare "opere di bene". Può piacere o no, ma da che mondo è mondo la politica segue le leggi filosofiche della "utilità", e per questo tiene conto, proprio come l’arte militare, delle "forze" reali in campo, oltre che della psicologia dei capi. Uno stratega, un generale, secondo voi metterebbe in prima linea un battaglione di brocchi, di poche reclute mal equipaggiate e alla prima uscita, solo perché il suo comandante è un nobile d’alto lignaggio con un passato glorioso? No, quello che conta è l’oggi, l’organizzazione, l’abilità di trovare, indottrinare e addestrare i soldati, e poi la capacità effettiva di combattere con qualche probabilità di vincere.

Ebbene, i liberali, anche quelli delle sigle o dei nomi più gloriosi, dal PLI nel Centro-destra al gruppo di Zanone nel Centro-sinistra, si sono finora cullati nel culto delle memorie, nella nostalgia più struggente ma inconcludente dei tempi lontani in cui erano "prestigiosi, potenti e famosi". Ma, nonostante che molti di noi – per esempio, chi scrive, e il direttore di questo giornale – li abbiano più volte benevolmente strigliati perché passassero dalla sterile nostalgia all’azione, alla politica vera, nulla, assolutamente nulla hanno fatto nel decennio che ci separa dal fatidico 1993-1994, la stagione che vide la crisi della Prima Repubblica.

Né uno straccio di riunificazione, né rilanci operativi, né un po’ di propaganda spicciola tra le nuove generazioni, né addirittura quell’approfondimento teorico – convegni, grandi congressi – che serve in mancanza d’altro, insieme con la polemica politica quotidiana (perfino questa assente), almeno a far sentire ai giornali, alla tv, agli intellettuali dell’area liberale, e al largo pubblico che segue i mass media, che un soggetto politico liberale esiste ancora, respira. Nulla, lo zero assoluto. Quando, invece, i cugini radicali, naturale pietra di paragone per i liberali, pur nell’analoga modestia di forze e di mezzi, dimostravano ogni giorno non solo di essere in vita, ma di poter influire sulla vita politica italiana, imponendo addirittura temi di discussione.

Tutte carenze che, come le vediamo noi, le vedono anche i responsabili delle coalizioni di Destra e di Sinistra. Hanno capito subito che questi liberali super-individualisti e nostalgici, schizzinosi e snob, inadatti alla vita politica pratica, però frazionisti e uno contro l’altro (un esempio tra mille: il PLI quasi non esiste, ma in Sicilia qualcuno ha fondato il Nuovo PLI), che non sanno fare propaganda tra la gente, tra i giovani, le nuove coppie, le casalinghe, i pensionati, e tra gli stessi intellettuali liberali, incapaci di farsi capire perfino dai giornalisti con uno straccio di evento o di comunicato fatto bene, non avrebbero portato un solo voto tranne il proprio. E hanno visto giustamente le pressioni degli esponenti liberali per entrare nelle coalizioni solo un mezzo per mettere al sicuro la propria carriera professionale.

I liberali, perciò, anziché lamentarsi dei politici avversari, se la prendano con se stessi, con le invidie personali, col rifiuto di azzerare tutte le sigle e di creare, per esempio, una grande Assemblea costituente di tutti i Liberali italiani (basta col nome "partito") che miri almeno al 10-15 per cento alle elezioni del 2011. Se la prendano col proprio individualismo sfrenato, col frazionismo maniacale e asociale, con quel famigerato narcisismo aristocratico grazie al quale è nato in casa liberale il detto autoironico (sì, perché i liberali sono dei gran signori dotati di humour) per cui "ogni liberale è un partito a sé". Ma se la prendano anche con i propri leader, che saranno pure veri liberali, ma si sono dimostrati da dieci anni in qua del tutto inadatti all’organizzazione di partito, alla lotta politica, perfino a creare dei banali uffici stampa. Che vogliono fare da soli, ma non sanno fare nulla, e quindi non fanno. E si sbrighino, anche, perché quel 30 per cento buono di liberali potenziali che l’Italia, come grande nazione dell’Occidente, bene o male dovrebbe avere, e che ora sono sparsi tra dieci partiti, rischiano di dimenticare o di ignorare per sempre l’esistenza d’una casa madre. Insomma, altro che nemici: sono i liberali italiani i peggiori nemici di se stessi.
NICO VALERIO


27 aprile 2006

 

Neo-lib o No-lib? L'anarchico di destra e il pugnale di Arancia meccanica

La Bindi (più bella che intelligente, ha detto Sgarbi) sarebbe di Sinistra, mentre la Prestigiacomo (più intelligente che bella, allora) sarebbe di Destra? Ma fatemi il favore... E' una distinzione stupida che non ha nulla di serio. Sarà che eravamo contadini, quindi inermi di fronte alla superstizione e al Mito, ma Destra e Sinistra hanno diseducato ancor di più gli Italiani, rafforzando il loro difetto principale: la faziosità, la partigianeria, il tifo. E' tale la fame di tifo, che alcuni vorrebbero una "squadra di calcio" liberale, roba da fanatici della Curva Nord. Che giochi nel campionato di Destra, come Neo-Lib. Ignorando che il liberalismo non ama i tifosi, perché è di per sé super partes. Per stare al gioco "Destra-Sinistra", e lo diceva perfino Croce, è un po' di destra (p.es. capitalismo, mercato, cittadino, Patria, Occidente ecc) e un po' di sinistra (p.es. tutte le libertà, diritti civili, laicità, scienza, modernizzazioni ecc).
Perciò né conservatori né socialisti, né clericali. Quindi tutte le libertà (altrui, perché alle proprie ci tenevano anche Mussolini e Stalin...), i diritti civili, la laicità dello Stato, lo Stato minimo, la prevalenza del cittadino (individuo è un concetto anarchico), no al corporativismo, scienza libera. Stop. Ecco un minimo comune denominatore di tutti i liberali, di destra, centro o sinistra. Possono variare le quantità - uno sarà più laico, l'altro meno - ma questi ingredienti ci devono essere tutti, se no si diventa o conservatori o socialisti o clericali.
Ebbene, queste poche righe di sintesi programmatica non sono apparse da nessuna parte del manifesto Neo-Lib.
Abbiamo visto solo adesioni acritiche. Il che, a parte il dilettantismo evidente, dà adito a sospetti, quasi certezze, di conservatorismo. Ma di partiti conservatori ce ne sono già troppi in Italia, Paese conservatore: AN, FI, UDC, Lega, Margherita, Campanile ecc. Quindi sarebbe un flop sul piano del mercato politico. Manca, invece, un vero partito liberale, solo liberale. Ma per esserlo deve fare da ago della bilancia, terzo polo. E per farlo, deve essere numeroso, almeno sul 20 per cento. Solo così, oltretutto, impensierirebbe davvero FI e la CdL, Margherita e l'Unione. Quindi, come si intuisce subito, un processo lungo, di anni e anni, Tanto più che i liberali sono super-individualisti, e molti ottusamente non vogliono "farsi unificare" e vanno convinti con un programma geniale e da personaggi noti e davvero impeccabili. Non certo da sconosciuti venuti all'ultimo momento.
Squadra di calcio, avevamo detto? Ok, partiamo dal campionato dilettanti e andiamo a vedere il sito http://www.italianlibertarians.splinder.com/ di questo anonimo "Jinzo". Ma l'avete visto prima di parlare e di aderire? Le immagini tradiscono meglio di mille parole, come insegna la psicologia. Ogni immagine è semantica. Grande scritta anarchica in alto. Poi un giovane dallo sguardo duro a torso nudo che brandisce un martello e posa il piede su un teschio. Poi col pugnale in primo piano il poster inquietante di Arancia Meccanica. E dappertutto, superuomini, mostri vagamente satanici, figure terrificanti da sala da videogiochi per adolescenti frustrati di periferia. Un'aria di violenza che spira dappertutto.
E poi leggete come replica alle prese di distanza sacrosante di Tentellini e mie (che abbiamo subito capito il tipo...), lui genericamente "cialtrone", io più specializzato: "trecartaro". Siamo al linguaggio violento e volgare d'un bar di borgata romana. In più, nel sito Liberali Italiani, in un suo commento J. ha scritto che "il liberalismo è morto" e Croce era poco meno che socialista, non liberale. E nel suo sito manda a quel paese Cavour, Gobetti e Mazzini. Ma con questa nobile espressione: "Ma chi se li straincula Cavour e Mazzini..." Neanche il Msi aveva questi toni e questo disprezzo...Nessuno dei "liberali" aderenti ha avuto a che ridire. Vergogna. E il linguaggio è rivelatore.
"Neo-lib"? Sembra No-Lib. "Neo-liberalismo" lo dicono solo i comunisti, Alemanno o l'estrema Destra. Il liberalismo è vivo e vegeto, anzi è l'unica dottrina che ha vinto in tutto il mondo occidentale, e da noi va solo realizzato, non superato. Il "neo" si premette solo alle ideologie morte, superate o screditate, come comunismo o fascismo. Insomma, poche idee ma confuse, poco liberali, molto conservatrici, e con un'ombra psicologica inquietante. Se invece il progetto dovesse sottoscrivere quelle quattro righe di programma dette sopra, venisse coordinato da persone più affidabili e meno inquietanti, e non si limitasse solo al Centro-destra, aderiremmo volentieri. Ma, anche volendo, un liberale come può aderire su chi sputa, per iscritto, non sul PLI ma sul liberalismo? Anche senza guardare le immagini, pensa che sia un provocatore o un infiltrato, no?

22 aprile 2006

 

Lamedica: "Macché Neo-Lib, ci vuole la radicale alternativa liberale a Ds e Sn"

Sul sito Neolib si legge: "NeoLib è il progetto che si prefigge come obiettivo il raggiungimento dell'unità di tutti i liberali, i liberisti, i libertari dispersi nella scena politica attuale". E la scelta per lo schieramento di centrodestra è giustificato dalla seguente frase: "Credo che ormai, vista l'esperienza vissuta dai radicali di Pannella durante il periodo terzista, che li ha visti per 15 anni fuori dalla scena politica italiana, sarebbe il caso di non intraprendere ulteriormente la strada del terzo polo. Essendo costretti a schierarci con qualcuno, ovviamente, scegliamo il centro destra".
Ma la cosiddetta proposta NeoLib è né più né meno quanto Diaconale e Giacalone avevano proposto nel giugno 2004. A suo tempo, infatti, Diaconale e Giacalone, prevedendo una vittoria del centrosinistra in danno della propria parte politica, invocavano la costruzione di una grande area liberalsocialista per controbilanciare il decremento elettorale di Forza Italia in confronto agli altri partner della coalizione.
Dal punto di vista di Diaconale il sistema politico non soffrirebbe per un deficit di riforme liberali, vista la predominanza dei conservatori, ma dalla possibile perdita del potere di governo da parte del centrodestra. Di qui un aiuto da un soggetto politico liberal-socialista. (E al sottoscritto che vedeva in questo progetto il ruolo, per i laici, di "ruota di scorta", Diaconale sottolineava che il soggetto liberalsocialista avrebbe svolto, invece, il ruolo di "ago della bilancia" tra le componenti della coalizione di centrodestra.)
Il soggetto liberalsocialista immaginato da Diaconale non è sorto, ma alcuni liberali, democratici e socialisti sono accorsi al capezzale del centrodestra berlusconiano ed hanno tamponato la pericolosa (per Diaconale) dèbacle, ottenendo un sostanziale pareggio alle ultime consultazioni politiche.
Ora, senza alcuna riflessione sull’assenza della democrazia liberale, si rilancia il progetto con una modifica: liberali e socialisti in soggetti separati ma poi federati tra di loro, sempre a sostegno della CdL. E si esclude qualsiasi soluzione di radicale alternativa liberale (al centrosinistra e a questo centrodestra) perché si ritiene fallimentare l’esperienza dei radicali di Pannella "durante il periodo terzista".
Ma qui casca l’asino. Il cosiddetto "periodo terzista" dei radicali di Pannella ha visto il successo politico ed elettorale di un’area liberale (anno 1999). Non solo i radicali con la "candidatura" Bonino furono al centro del dibattito politico imponendo un confronto virtuale tra la possibile "repubblica presidenziale" e la "reale repubblica partitocratrica", ma riuscirono a tradurre in firme ai referendum "liberali e liberisti" e in voti alle elezioni europee le simpatie per una rivoluzione liberale possibile.
Si era riusciti, armandosi di umiltà, ad avere le simpatie di moderati e non solo di radicali, di riformisti e non solo di riformatori, per un progetto di riforme liberali e liberiste che avrebbero creato un clima favorevole anche per riforme libertarie. Ed invece "i radicali di Pannella", abbandonando il proprio atteggiamento di umiltà, affrontarono con la strategia dei "duri e puri" sia le regionali e i referendum del 2000, sia le politiche del 2001 e la stagione dei progetti di legge di iniziativa popolare. Di qui anche le difficoltà incontrate con altri compagni di strada nella recente campagna referendaria sulla legge "contro" la fecondazione legalmente assistita.
Quindi l’autoisolamento dei radicali di Pannella in confronto ai successi del 1999 (ed ora la strategia dell’ospitalità) convincono sempre più la necessità del ritorno a quella strategia vincente della radicale alternativa liberale (quindi non si è costretti a scegliere uno schieramento) invece del progetto NeoLib-Diaconale che crea l’illusione di poter far diventare liberali e socialisti "ago della bilancia" tra i conservatori di centrodestra.
In conclusione, quello che ci divide dal progetto NeoLib-Diaconale è la diagnosi sull’assenza di democrazia liberale quale causa dell’esistente regime partitocratrico. Perciò l'obiettivo principale è mettere assieme moderati e radicali, riformisti e riformatori, per chi è consapevole che in Italia non c’è democrazia liberale.
In altre parole, occorre creare un nucleo aggregatore per attirare i delusi e i disgustati di questo centrodestra e di questo centrosinistra, al fine di realizzare le riforme per la modernizzazione delle istituzioni, dell'economia e della società. In via subordinata, al fine di costringere le componenti del centrodestra o del centrosinistra a sostenere quelle riforme, per impedire la fuga dei loro simpatizzanti verso lo strumento dei cittadini senza potere, che il soggetto politico "di" liberali potrebbe rappresentare.
BEPPI LAMEDICA

 

Di Massimo: "Troppe polemiche e insulti. Perché non voliamo alto?"

L’aver letto alcune sgradevoli discussioni mi hanno allontanato dal blog per alcuni giorni; sollecitato da un amico sono tornato a leggere e mi sembra che non sia cambiato nulla.
È sgradevole che tra liberali ci sia tanta intolleranza. Se puntiamo a provocare una riunione dei liberali italiani dobbiamo a mio parere:
non pretendere – o semplicemente dare l’impressione - di voler unificare "gli altri", ma porsi semplicemente come umili e quasi anonimi stimolatori di un processo di aggregazione liberale nell’interesse della nostra Italia e della nostra Europa;
non rivendicare "primogeniture";
guardare con interesse ogni iniziativa di aggregazione liberale da qualunque parte provenga e qualunque sia il riferimento specifico ideale che sta alla base dell’iniziativa di ogni gruppo (ognuno di noi ha una sua scala delle priorità ideali non necessariamente coincidente con quella degli altri);
esprimere opinioni sulle idee ma non giudizi sulle persone;
accettare serenamente qualunque critica alle proprie opinioni evitando di "sentirle" come offese;
se malauguratamente ci sono offese "non raccoglierle" (offese e insulti qualificano in generale l’autore e non il destinatario); e in alcuni casi è opportuno che il responsabile del blog elimini i commenti offensivi;
accettare da ognuno il proprio contributo e punto di vista liberale, che può essere culturale, frutto dell’esperienza, generato dall’indole e dal carattere o da altro (c’è chi liberale ci nasce, chi lo diventa sui libri e chi lo diventa per i più svariati motivi);
usare linguaggio e stile liberale (negli scritti sono comparse delle volgarità che francamente non fanno parte dello stile liberale, che danno fastidio e che fanno allontanare dal blog).
Se accettiamo queste semplici regole di convivenza – ed altre eventualmente da proporre ed aggiungere - possiamo, mi auguro, azzerare molto di quello che si detto e ripartire cercando di guardare avanti.
Se continuiamo sulla strada del beccarsi l’un l’altro non andremo da nessuna parte.
Spero mi scuserete per questa nota che può sembrare antipatica (e che non mi è piaciuto scrivere), ma che penso sia opportuna.
Cordialmente. Guido Di Massimo

20 aprile 2006

 

Basta con questa Destra e questa Sinistra. Bipolarismo da rifare

L’italiano, si sa, è un antico popolo di antipatizzanti. Odiatori specializzati fin dai Guelfi e Ghibellini dei tempi di Dante (Bianchi e Neri, ci ricordano i cognomi rivelatori), e anche prima, al tempo dell’antica Roma, forse per le pulsioni individualistiche e anarcoidi che nella già corrotta Magna Grecia derivavano dalla madrepatria, fiaccata nella sua civiltà dalle lotte fratricide, come racconta Polibio.
Sono le idee - il Logos o la Ragione, dicevano i filosofi - e poi i fatti concreti a contare per il liberalismo, non le persone. E negli uomini si guarda alle personalità, non ai caratteri, dando importanza alle diverse opinioni, non alle antipatie-simpatie. Insomma, la corteccia, non l’ipotalamo nell’anatomia del cervello.
E invece, solo antipatie e tifo immotivati abbiamo visto nella recente campagna elettorale. L'ottusità dello stadio. Eppure il liberalismo aveva cercato di far capire anche agli Italiani che le fazioni di amici e le sètte tribali sono il contrario dell’Occidente liberale. Ci riportano all’Oriente barbarico dove regna la pulizia etnica, la dicotomia antropologica ed etico-manichea tra Noi (buoni, onesti, giusti e intelligenti) e Loro (malvagi, disonesti, ingiusti e ottusi). Ma è stato inutile.
E poiché il liberalismo è un complesso di idee, ma anche l'intero sistema politico attuale, ecco che gli avversari non sono mai nemici. Tanto più che essendo ormai l’unica dottrina politica vincitrice nella Storia, ha permeato di sé tutto l’Occidente, ed ha pervaso ormai molti partiti che prima liberali non erano. Negli Usa, invece, entrambi i partiti sono liberali, e la lotta tra Repubblicani e Democratici è in realtà solo una diatriba tra liberali di destra e liberali di sinistra, diversi solo per alcune sfumature, anche se i secondi sono accusati dai primi di essere di sinistra, cioè liberal.
Nel Regno Unito, dove l'ago della bilancia è il partito liberale, ormai, anche gli altri due partiti sono a qualche titolo liberali. Lo stesso nel resto dell’Europa. Tanto più che il liberalismo è vasto e articolato, altrimenti non avrebbe potuto rispondere a tutte le esigenze del mondo moderno, e vincere. Perciò si divide, diciamo, in una destra, un centro e una sinistra. Tutte e tre liberali. Proprio come nell’Italia del secondo Ottocento, quando alla Destra storica si oppose una Sinistra, entrambe liberali.
E perfino nell'Italia di oggi, in cui i liberali veri sono una minoranza, sicuramente non sono meno del 30 per cento. Siamo pur sempre in Occidente e tra i Paesi più sviluppati, ed è entrato ormai nella testa di molti che chi non la pensa come noi deve avere riconosciute le sue libertà, che l’imprenditore non bravo deve fallire, che bisogna privilegiare il merito, che il cittadino deve prevalere sullo Stato, che quest’ultimo deve rispettare tutte le idee e le credenze personali, e restare neutrale.
Ed è rassicurante che tutte le tendenze liberali, di destra, centro e sinistra, sono ancorate ai principi base del liberalismo. Variano solo le quantità della ricetta: tutela di tutte le libertà, compresa la scienza, mercato libero, laicità dello Stato (filosofie e religioni, tutte tutelate, sono un fatto puramente privato), prevalenza del cittadino sullo Stato. I liberali, tutti i liberali d’ogni tendenza, sono dunque contrapposti, in antitesi, ai socialisti puri, ai conservatori puri, e ai clericali. Non c’è dubbio.
Ne deriva, quindi, che la bipartizione Destra-Sinistra che abbiamo visto confrontarsi alle recenti elezioni, in un’Italia in cui a differenza degli Stati Uniti e del Regno Unito non ci sono solo liberali di destra contro liberali di sinistra (magari), ma anche comunisti e postcomunisti, clericali cattolici, fascisti e postfascisti, favoriti dalla selezione operata dai magistrati di "Mani pulite" che penalizzò il Centro o Pentapartito, è fuorviante e patologica, perché dà troppo spazio e dignità liberale a partiti, correnti o candidati che non sono liberali, ma socialisti, conservatori o clericali.
Questo è il problema, unico dell’Italia, e in minor misura della Francia: persistono, contro ogni logica liberale moderna, troppi comunisti, troppi socialisti puri (i socialdemocratici alla Boselli, sia chiaro, ormai sono liberali), troppi conservatori, troppi clericali, troppi fascisti. Ma poiché la cultura e la parola stessa liberale sono vincenti, visti come positivi, ecco che se ne sono impossessati in massa i conservatori, quelli che sventolano solo il mercato e l’individuo (principi liberali, ma da soli compatibili anche col fascismo), e talvolta l’America di Bush. Ma questi valori liberali che nel Paese di tutte le libertà sono lo slogan dell’ala destra del liberalismo, in Italia, non accompagnati dai nuovi diritti, dalla laicità e della cultura scientista, come in America, acquistano uno strano significato conservatore, forse liberista ma non liberale.
Ecco perché è giunto il momento, approfittando della crisi inguaribile di questa Destra e di questa Sinistra confusionarie, illiberali, incapaci ma capaci di tutto, di indire gli Stati Generali del Liberalismo, per unire i molti club di cultura liberale, allo scopo di creare alla fine d'un lungo processo un unico soggetto liberale indipendente che dovrebbe sottrarre molti uomini ai principali partiti moderati e favorirne la dissoluzione.
Solo allora, è vero, questa forza davvero liberale (chiamiamola per ipotesi "Liberali Italiani") potrebbe costituire uno dei tre poli della politica italiana, e potenzialmente aspirare anche ad un realistico 30 per cento. E tra un forte gruppo cattolico-conservatore (Destra) e un nutrito gruppo socialista (Sinistra), i liberali sarebbero un terzo polo determinante. Ma per far questo è indispensabile l’implosione dei partiti di Centro, tra cui Forza Italia e Margherita, che favoriscono l'equivoco d'un finto liberalismo diffuso nella classe politica e impediscono la ricomposizione dello schieramento in chiave più anglosassone. Ecco perché questi partiti, sia a Destra che a Sinistra, hanno così tanta paura dei liberali.

 

Vivona: "Non serve un partito liberale, ma cose davvero liberali"

In un'Italia falsa e ambigua, zeppa di conservatori d'ogni tipo, di Destra e di Sinistra, che non vuole cambiare perché dovrebbe rinunciare alle proprie meschine rendite di posizione, alle raccomandazioni, al papà Stato, alla comoda assenza di idee che legittima tutto e il contrario di tutto, il bergamasco Vittorio Vivona si distingue per essere uno di quei veri liberali di cui spesso si sente la mancanza, che sanno unire idealismo e realismo, amore della Patria e modernità. Per anni si è battuto, forse con nobile ingenuità, per unificare e rifondare le varie anime liberali. Il suo sito Liberali.net era il sito più completo e vivace dei liberali italiani. Ora, però, ritorna tra di noi dopo un lungo silenzio, amareggiato e disilluso. Basta con i manifesti, con le parole vuote - dice - basta anche con gli sterili "partiti liberali" fini a se stessi. Nell'emergenza di questo bipolarismo squallido ed ottuso, il bisogno primario è costituito dalle cose vere, utili, dalla risoluzione dei problemi concreti. Insomma, "primum, vivere". (Nico Valerio)
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E’ vero ! Ho creduto che fosse possibile il sorgere dal basso di un movimento liberale. Per circa quattro anni, con pochi coraggiosi amici di Liberalitalia, abbiamo girato la penisola, intrattenuto relazioni con circoli liberali, movimenti locali, liste civiche. A tutti proponevamo uno sforzo comune per far nascere un movimento liberale nuovo che iniziasse il cammino dell’alternativa agli schieramenti di destra e di sinistra. Era il dicembre 2003 quando da Bergamo lanciammo l’idea degli “Stati Generali Liberali”, poi miseramente fallita per l’incapacità dei più di guardare lontano. Anche chi condivideva astrattamente il proposito, non ha saputo resistere alla fregola dei vari appuntamenti elettorali o agli specchietti per le allodole di qualche furbetto che chiamava a raccolta dentro questo o quello schieramento.
Non so se prevalesse la tattica sulla strategia, l’interesse del momento su quello di più lungo termine, la malafede e l’ipocrisia sulle dichiarazioni di buoni intenti. Il fatto è che oggi siamo qui a riparlare delle stesse cose di allora. Con meno illusioni e magari con qualche certezza in più circa l’indecenza di questo “bipolarismo” impostoci da destra e sinistra. Talora anche con una ritrovata convinzione che i liberali non possano che essere alternativi o terzi rispetto ai due schieramenti che hanno consegnato l’Italia alla decadenza e all’ingovernabilità.
Non sapremo mai se era già tardi tre anni fa. Da parte mia so, però, che è tardi oggi. Non tanto perché gli ex DC sono di gran lunga più avanti di noi: tutti noi abbiamo sentito Buttiglione stigmatizzare a “Porta a Porta” i “fanatici del “bipolarismo”. Ma non è questa la ragione principale. La vera ragione sulla quale tutti dobbiamo interrogarci non è neppure l’ormai consolidata incomunicabilità tra portatori di forme diverse del pensiero liberale. E’, invece, la possibilità, o meno, di affrontare le sfide della società odierna dietro vessilli ideologici: quello “liberale” compreso. Forse è ancora vero che una società in cui siano stati assimilati ed applicati valori ed idee liberali si troverebbe avvantaggiata nel risolvere i problemi che la stanno emarginando dal contesto internazionale e la stanno precipitando sempre più in basso in tutte le classifiche dei paesi maggiormente virtuosi. Ma la domanda che dobbiamo porci è: possiamo permetterci lunghe, defatiganti e improbabili battaglie di civiltà, mentre tutti i nostri problemi richiedono, qui ed ora, interventi immediati, oltre che efficaci ? Non credo.
Quando un aereo precipita per un cedimento strutturale, l’ultima cosa cui pensano i suoi occupanti è di discutere delle scelte tecniche dei progettisti. Perché dovremmo noi comportarci diversamente ? Abbiamo assistito ad una campagna elettorale in cui i due schieramenti si rinfacciavano reciprocamente le proprie colpe (accidenti, quante ne hanno !), si accapigliavano sulla precedenza da dare ai “bonus bebè” piuttosto che ai “pacs”, giocavano a chi la sparava più grossa sulle tasse. Mentre i nostri politici erano in queste faccende affaccendati, un servizio televisivo ci ricordava che ogni anno i dodicimila migliori cervelli (per lo più giovani) prendono la strada dell’estero, perché in Italia i ricercatori vengono umiliati nel loro lavoro e nelle loro aspettative. Questo è un problema da risolvere qui ed ora, senza attendere che la nostra società acquisisca (se mai l’acquisirà) una civiltà liberale o anche solo una cultura economica liberale. Se avessi sentito anche un solo partito affermare la volontà di invertire la tendenza e bloccare la fuga dei migliori cervelli o, magari, di cominciare seriamente a riportare in Italia quelli che già sono all’estero, allora sarei corso a votare. Anche infischiandomene se quel partito stava con Berlusconi o con Prodi. Anche infischiandomene dei “Pacs” o dei “bonus bebè” che pure hanno una loro qualche importanza, ma non certo per risolvere le emergenze di questo paese.
Nel presente e nell’immediato futuro non c’è alcun bisogno di un partito che faccia manifesti liberali o laici; c’è bisogno di un partito che sappia proporsi per fare concretamente le cose di cui il l’Italia ha bisogno qui ed ora.
VITTORIO VIVONA

12 aprile 2006

 

"Intanto basi culturali serie, per non fare i dilettanti, alla Jinzo..."

Ho affrontato brevemente questo problema in chiave escusivamente politica con un editoriale oggi su L'opinione pag.1: "Quale ruolo nella Cdl per i liberali?" (linkabile sia da www.opinione.it che www.hamlet.ilcannocchiale.it). Il titolo originale era "Quale ruolo per il liberali?". Sul giornale invece compare ".nella Cdl" (sapete bene che l'articolista non fa il titolo). Ma il contenuto non cambia. Cambia il fatto che non esiste oggi uno spazio editoriale (se non quello telematico) - intendo roba stampata che vai a comprare in edicola o in libreria - che inneschi un confronto culturale su come rinnovare la cultura liberale e darle nuovo slacio per l'azione politica.
Facevo l'esempio di Foucault, non a caso o per un capriccio intellettuale. Secondo me c'è troppa gente che ha una conoscienza superficiale della cultura liberale, da un lato, e c'è - dall'altro - gente che ha buoni strumenti tradizionali (da Croce a Hayek passando per Einaudi etc..) ma gli mancano gli ultimi 20 anni di analisi e pensiero politico-filosofico contemporaneo.
Se non si esce, da un versante, dalla sbornia teocon di Pera-Adornato + Ferrara, e dall'altro dagli errori commessi da un Pannella non più in grado di capire la ns società e le sue coordinate reali, rimarremo prigionieri di equivoci, approssimazioni e anche imbrarazzanti episodi di superficialità come quello di Jinzo, che rischiano di allontanare quell'audience più attrezzata che ci liquiderebbe come dei dilettanti.
Per fare cultura politica e poi azione politica bisogna essere adeguatamente preparati e riconoscere ove necessario limiti e insufficienze proprie o altrui.Non si tratta di fare la solita "polemica", ma di comunicare idee nei modi e nelle forme più efficaci.Dopo viene il partito e l'azione.Attenzione che, altri molto più ricchi finanziariamente di noi e potenti nelle amicizie e nei rapporti con i media già si stanno attrezzando.Bisogna affiancare al quotidiano L'opinione un vero Think Tank con tutti i crismi e una vera rivista del livello pari di roba tipo Aspenia. Se no, nessuno ci prenderà sul serio e arriverà il solito De Luca di turno che, con un minimo di professionismo politico, metterà il cappello su tutto per fondare il solito micro partito utile a mettersi sul biglietto da visita "Segretario Politico etc...".
Già ieri ho incontrato Benedetto D V e Marco T. e mi facevano un pò sorridere con i loro computer portatili, le cravattucce bocconiane e quell'aria da generali senza truppe, da leader senza partito, avventurosi e simpatici avventurieri di un contesto nel quale la politica si riduce a marketing. Io li adoro, li sento vicini, ma so che sbagliano. La politica non è marketing. Ben lo sanno quei democristianoni che non sono affatto morti. Anzi. Quelli hanno fatto il porta a porta, casa per casa e oggi hanno un forte gruppo parlamentare sia alla Camera sia al Senato. E fanno politica (quella vera). Quando incominceremo anche noi?
Luca Tentellini
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Be', lo sai, è nei momenti di crisi come questo che gli orecchianti, i pressapochisti da bar, ma anche i nobili illusi e inadeguati ai tempi, emergono come per miracolo. Il quadro da te delineato è perfetto. (Nico Valerio)

 

Tentellini: "Che affollamento! Subito il pensatoio indipendente lib-lib-lib"

Insisto sulla linea già iin parte delineata. Come dicevo c'è un affollamento pazzesco di inziative. Quealla di Jinzo è solo una: c'è il gruppo dei Cento a Firenze, c'è Benedetto [Della Vedova, NdR] e Marco T. [Taradash, NdR] con i "salmoni", che comunque hanno un deputato e questo conta, conta non poco... Il nostro spazio prima che direttamente politico deve essere di Cultura Politica. Così restiamo indipendenti ed autorevoli e potremo dialogare anche con Daniele [Capezzone, NdR] &C.
Per questo ritengo che un think tank indipendente potrebbe infilarsi in questa situazione con successo elidendo sia gli ignorantoni, come certi blogger (secondo me molta gente parla di cose che conosce solo a metà o anche meno...) sia le iniziative con i piedi di argilla dei tanti comitatini inconcludenti. Dobbiamo trovare un editore disponibile all'avventura.
Luca Tentellini
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Carta canta, è vero, caro Luca. Anch'io la penso come te. Dobbiamo diventare il pensatoio elettivo dei Liberali tout court. Del resto, le idee ce le ha chi se le può permettere... (Nico Valerio)

 

Ghersi: "Terzismo. E chi non ha radici liberali non è liberale"

Leggo l'intervento di tale Jinzo. Non penso valga la pena replicare a lui. Mi limito a a ribadire che:
1) per quanto mi riguarda, non mi interessa il progetto di "riunificare i liberali all'interno del Centro-Destra"; mi interessa molto invece una riunificazione dei liberali in posizione "terza", autonoma rispetto alle due maggiori coalizioni, e senza preclusioni verso possibili alleanze - anche di governo -, con l'una o l'altra coalizione, secondo convergenze programmatiche;
2) a me importa molto di Cavour e Mazzini, così come mi importa molto del "liberalismo risorgimentale"; avere radici, collegarsi ad una tradizione, avere una "memoria storica": sono tutti elementi che contribuiscono a formare il carattere e l'identità di una persona, evitando che sia una banderuola che si indirizza dove soffia il vento;
3) chi abbia anche soltanto una approssimativa idea di chi siano stati Piero Gobetti, o Ernesto Rossi, sarebbe tenuto a parlarne con il dovuto rispetto; il cuore del "nuovista" Jinzo si riscalda soltanto con gli economisti ultraliberisti di scuola austriaca e statunitense;
4) Jinzo ed i suoi amici si tengano stretti il loro libertarismo, che io mi tengo stretto il mio liberalismo che comprende pure Cavour, la Destra storica e Benedetto Croce.
LIVIO GHERSI
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Oh, finalmente belle parole, caro Livio. Non capisco il silenzio degli altri: devono avere il computer guasto... Sono d'accordo con te, ovviamente. Il liberalismo economico (in Italia "liberismo") è solo uno degli aspetti del vastissimo ambito su cui agisce il liberalismo. Solo, un particolare realistico di cui noi liberali attenti anche ai "fatti" dobbiamo tener conto: sarà per le disillusioni emotive post-elettorali, cioè del "dopo partita" (e infatti, l'ho già detto, il momento era il peggiore per lanciare una cosa del genere, viziata fin dall'origine dall'emotività infantile), fatto sta che questo "tale Jinzo", come dici tu, senza neanche rivelare comne si chiama, ha attirato il popolo dei blogger e ha avuto perfino l'attenzione di Diaconale, direttore dell'Opinione. Ma non mi meraviglio: è naturale che un giornalista sia interessato a qualunque notizia nuova, se non altro per farci sopra qualche articolo e ampliare la platea di lettura, vorrei disilludere realisticamente il blogger Jinzo... (Nico Valerio)

 

"Ma il Liberalismo è super partes. Così vivo che sta cambiando il mondo"

Cari amici di Neo-lib (attenti al refuso No-lib), non disperate, questa lettera si conclude bene, a sorpresa. Ormai sto diventando più gigione di Ferrara e Pannella. Però, consentitemi, in sintesi bastava che voi diceste: amiamo alla follia lo schierarsi, il tifo politico, il "noi-loro", e perciò "vogliamo fare un partito liberale di destra" (senza nessuna connotazione negativa, per carità, fin da adolescente sono nel PLI (con lunga parentesi PR), e nel 94 tra i primi a costituire un club FI, sono CN nel Pli, ed ero-sono vicino anche a RL (Della Vedova è uno dei miei miti in economia).
Noi, come Comitato provvisorio di "Liberali Italiani", non siamo ancora usciti allo scoperto. Questa è una anteprima, prima del lancio attraverso il prossimno numero della Newsletter di Salon Voltaire.
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Il fatto che mostrare di non sapere è che il Liberalismo è di destra e sinistra insieme (Croce e tutti gli altri teorici), cioè non accetta proprio questa bipartizione stupida del bipolarismo all'italiana. In cui nessuno dei due poli è liberale. Non c'entra niente il vecchio 800 e la naftalina. E' qui l'errore.
Molti, anche l'amico Diaconale, confondono i principi liberali, che sono immutabili (se no, vorrebbe dire che il liberalismo ha perso) con imprecisati tradizionalismi dell'800 (quali? di grazia, non viene mai specificato...). Ma è proprio quello che Chiesa, post-Dc e clericali ci rimproverano. Anche voi fate vostre le loro assurde obiezioni? Andiamo bene... Scusate - e più amici di prima - ma non è che sotto sotto ci sarà un po' di ignoranza sul liberalismo?
Non potete contestare il dato fondamentale che il Liberalismo è prevalente su qualsiasi sigla o partito liberale. E il liberalismo è per definizione "contro tutti". Si schiera, sì, ma di volta in volta, a seconda degli argomenti: è tipico. P.es., in economia sarà "considerato" di CD, ma in diritti civili e laicità "sembrerà" di CS. Ecco perché istintivamente, forse per evitare queste difficili forche caudine e ogni critica, vi siete definiti Neo-lib. Che sembra maledettamente Post-lib. Chi pensa subito e solo alla destra (oggi, non ai tempi di Malagodi, quando era necessario) è spesso solo un liberal-conservatore: mercato, America e poco altro. E i diritti civili, le nuove libertà, la laicità? Come potrete parlarne in una destra sempre più bigotta e ottusa? E meno male che avete avuto l'esperienza diretta, sulla vostra pelle, dei Riformatori liberali. Non vi ha insegnato nulla quello schiaffo?
Voi obiettate: ma a sinistra c'è ancora meno spazio. Ma chi sta parlando di sinistra? I liberali devono, come insegna il Liberalismo, che è super partes, fare da garanti, da terzo polo. Insegnare a tutti, destra e sinistra, che cosa è il liberalismo. Poco noto in Italia anche alla borghesia "liberale". Quasi tutti lo confondono o con un generico moderatismo (errore veniale), o addiritturacol conservatorismo (errore mortale).
Ecco perché nel mio progetto, intanto, "noi vogliamo riunire tutti i liberali", ovunque siano, quindi anche voi, anche i tantissimi terzisti e perfino qualche sparuto di sinistra, al centro - diciamo così- cioè in standby, in posizione critica. "I liberali solo con i liberali: né socialisti, né conservatori, né clericali".
Il Salon Voltaire ha il polso della situazione, avendo 3000 destinatari liberali. Ebbene, moltissimi sono critici sia con la destra che con la sinistra. Direi la maggioranza dei 3000. Ed è da 2 anni che li osservo e ricevo feedback, quindi è difficile che questo campione sia sbagliato. I liberali contestano addirittura questo bipolarismo. E il liberalismo, attenzione, è dottrina anche culturale non solo politica.
Ma in fondo non c'è contrasto, le 2 iniziative si completano. Voi fate questa iniziativa, a cui parteciperanno i nostri di destra (forse io stesso, non so). Quindi non siamo contro. Anzi, vi rimprovero scherzosamente: come vi siete permessi di pensare che una qualunque iniziativa liberale, sia pure all'inferno, non sarebbe stata appoggiata da un vero liberale e dal Salon Voltaire, che è nato due anni fa proprio per questo? Era ora anche di sganciarsi
da FI: ma avete il personale umano con le palle per non farvi assorbire da quegli abilissimi mezzi preti? Quando vi sarete costituiti, noi (se il nostro progetto partirà) vi chiederemo di aderire alla - chiamiamola così per ironia -
Nazionale Liberale. Tutto qui. Afferrata l'analogia? Il nostro è un meta-partito che difende il Liberalismo, cioè le Idee liberali, ovunque siano, non questo o quel gruppo partitico. Anche una idea di Carlo De Benedetti può essere liberale: il socialismo non c'entra. Ecco un altro vostro errore: scambiare per socialista il liberalismo in sé, super partes, non schierato con la Destra. Ma questo è proprio tipico del Liberalismo, che è poco schierato. E ha in se (volete mettervelo in testa?) elementi di destra, centro e sinistra. Ce ne freghiamo di queste distinzioni stupide: veniamo prima di questi ottusi tifosi da stadio.
Altro che "morte" del Liberalismo, anzi sta rinascendo proprio in questi decenni. Per dirne solo due. che cosa sono la rinascita della Cina (solo nel mercato), la tendenza alla liberalizzazione in Europa e l'ingeranza "democratica" (ignoranti i commentatori e politici: la si deve chiamare "liberale") nei Paesi del vicino e medio Oriente? Puro liberalismo che si espande, cari amici. Se non lo capite, non so che dirvi. Più vivo e vegeto di così. Siete voi vecchi a ricordare, a sproposito, Cavour. Che va storicizzato, al pari di ogni altro movimento o personaggio, come ci ha insegnato il liberale Croce. Il liberalismo è sempre lo stesso, non puà cambiare. Solo si nutre sempre di nuovi ciontenuti. Ecco perché vive e domina moralmente e intellettualmente il mondo occidentale, e non solo.
Ma voi, giustamente, volate basso e fate politica spicciola. Bene: anche questa, perché no? Ma permetteci anche di volare alto. Se poi gli Stati Generali del Liberalismo tra due anni decideranno di costituirsi in partito, si vedrà. Al limite sforneremo, su domanda, due Partiti Liberali diversi, uno per la Destra, uno per la Sinistra... Come i post-Dc... Questa la mia idea. C'è poi un'altra idea tra di noi: fare subito un partito liberale terzista, ago della bilancia. Allora sì che metterebbe paura a tutti e otterrebbe tutto.Ma lo capiranno? Lo capirete?
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In quanto al vostro progetto, coprendomi gli occhi per non leggere la stupida frase ad effetto che "il liberalismo è morto" (ma da giornalista ammetto che aumenta l'audience...), posso aderire al vostro progetto personalmente e come Salon Voltaire, se vi fanno comodo altri due nomi. Ma. sia chiaro, come aderirei anche ai Radicali (che infatti ho votato) e a qualunque altra iniziativa liberale, anche fatta da Belzebù. Figuriamoci da voi, di cui almeno mi fido moralmente. Troppe sciocchezze non ne potrete fare. Ciò detto, insisto, Delenda Carthago: il Liberalismo è super partes: Il Liberalismo fa le scelte più diverse, di volta in volta. Il Liberalismo è il massimo dell'indipendenza dagli schieramenti. Contestatelo, se potete. E ora, dopo che ho aderito, permettetmi la cattiveria sgarbiana alla Nico Valerio, che putroppo mi accompagna dalla nascita: ecco che vuol dire aver studiato il Liberalismo sui Bignami. E senza leggerli fino alla fine...
Nico Valerio

 

Jinzo: "Il liberalismo è morto con Cavour. Viva i neo-lib di destra"

"Dopo giorni di post contro l'iniziativa su NeoLib finalmente Nico Valerio prende il coraggio a due mani e mi contatta. Bene.
Penso che la vostra iniziativa abbia fatto un po' meno clamore della mia, che ha coinvolto già tutti i gruppi politici interessati, tranne il segretario del PLI ed irepubblicani di La Malfa.
Direi che la cosa migliore sarebbe spostare tutti gli aderenti al vostro progetto dentro NeoLib.
Del nome NeoLib non me ne frega nulla, può essere quello che ti pare, non ho la presunzione che la lista futura unitaria si chiami così.
Il mio è solo un movimento per l'unificazione. E per ora le cose non vanno malaccio. Quindi, senza cedere in egoismi di sorta iscrivetevi a NeoLib, consci del fatto che non è importante il mezzo, ma il fine.
Qual è però il fine.
Il nostro fine, quello di NeoLib, consiste nel riunificare i liberali all'interno del centro destra, unico spazio a nostra disposizione. Nel centro sinistra non c'è alcuno spazio per un liberale e la metamorfosi socialista della Rosa nel Pugno, nonchè i voti radicali persi, lo dimostrano.
Quindi il nostro obiettivo prevede una scelta di campo forte, che non permetta di essere subordinati ai conservatori, cioè vogliamo trovare i nostri spazi di indipendenza nel centro destra, diventando diciamo il quinto partito della coalizione.
E' vero che i liberali li odiano, ma se è per questo odiano anche i leghisti. Eppure i leghisti sono lì. Perchè?
Perchè sono slegati dalle altre forze della CdL, hanno organizzazione, radicamento, mezzi, uomini.
L'obiettivo dunque è questo: tagliare il cordone ombelicale che ci lega a mamma Forza Italia. Si può?
Certo che si può, basta iniziarci a contare.
Certo, se poi uno si mette a discutere sul simbolo, sul nome, sul tricolore...
Che ci importa di tutto cio?
Il liberalismo è vivo è vegeto, secondo te....
E dove? Dov'è il liberalismo del vecchio PLI? Dentro FI?
Ormai la parola liberale non ha alcun significato, tanto il liberalismo è morto.
Persino la Rosa nel Pugno è liberale, con la scuola pubblica ed il reddito minimo.
Con modelli come Gobetti ed Ernesto Rossi, persino i socialisti diventano liberali.
Perchè NeoLib? Perchè Neo?
Perchè noi vogliamo riunire nel nostro paese coloro che si ispirano a modelli autenticamente liberali, cioè quelli austro-americani (ecco perchè la statua della libertà) che solo grazie ad Antonio Martino hanno fatto un timido ingresso sulla scena italiana (Milton Friedman). Vogliamo sostituire la parola liberale con quella libertario, per spiegare che il liberal socialismo non esiste, che il liberalismo risorgimentale è andato a farsi benedire.
Il tricolore nel simbolo per noi non ha senso: il nazionalismo non è necessariamente un tema liberale. Dunque, la questione vè la seguente: i liberali del PLI sono disposti a rinunciare al loro storico nome che li porta oggi all'inesistenza reale?
I repubblicani sono disposti a rinunciare all'antica edera, oggi lontana centinaia di anni?
A quanto sembra la base liberale ha capito il senso di NeoLib e vuole scuotersi di dosso le vecchie eredità di un liberalismo da naftalina, mentre le dirigenze ancora urlano a Cavour e Mazzini (ma chissenefrega di Cavour e Mazzini) dando al liberalismo autentico un'aria di vecchiezza che non coinvolgerebbe nessuno.
Dobbiamo ricercare spinte nuove. Freschezza liberale.
Altro che scheletri ottocenteschi nell'armadio.
Oggi parlo con Arturo Diaconale per organizzare la prima uscita di NeoLib.
Attendo risposta.
JINZO

10 aprile 2006

 

Tentellini: "Vi manca il Think Tank e l'effetto Gutemberg"

L'amico Luca Tentellini, che da anni si batte perché i liberali escano dal loro sonno pluridecennale, unifichino le loro sigle e costituiscano un soggetto unico, sì, ma moderno e competitivo, invia questa intelligente proposta, che ci trova assolutamente d'accordo e che gireremo al Comitato effettivo (quello che si sta costituendo è solo un pre-comitato che deve valutare la fattibilità del progetto) non appena si sarà costituito (Nico Valerio).
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Cari amici di Liberali Italiani, colgo l'occasione per rilanciare quanto privatamente comunicato a Nico.
Attenzione a non saltare un passaggio, come è evidente dal confronto telematico, e ad usare lo strumento più adatto.
1. Prima dell'azione politica diretta è, a mio parere, necessario che una minoranza volenterosa disponga la necessaria elaborazione culturale (che è azione di ricerca di una verità/proposta politica). Prima la fabbrica di sintesi delle idee poi il Comitato Politico. Faccio un esempio sul fatto che la cultura liberale del nuovo secolo non può essere il mero recupero dei tre secoli passati; dobbiamo innovare su due piani convergenti: Il primo è il LINGUAGGIO (cfr. Derrida) e quindi il modo di COMUNICARE. Il secondo è la produzione delle IDEE. Sto leggendo le Lezioni al Collége de France di Foucault (anni settanta e ottanta) - tanto per citare una corrente di pensiero ancora attuale e tutta da rielaborare e proporre al grande pubblico -. Bipolitica e un ponte per il nuovo secolo, un metodo lucido e interdisciplinare per un liberalismo concreto e attuale. Molte altre cose ci sarebbero da tirare fuori....E agganciare bene l'élite che ci interessa.
2. Dunque, per elaborare una proposta politica di governo della complessità del presente che abbia dignità e forza, è necessario contrapporre ai vari teo-con tipo Pera, Ferrara e Adornato qualcosa di più vivo e appetibile della Fondazione Einaudi e meno economicentrico dell'IBL. Una rivista in tal senso è necessaria e prodromica a tutte le future iniziative politiche. E dico una rivista che sia frutto di un vero Think Tank all'americana. Oltre a un sito web non ci si può sottrarre all'"effetto Gutemberg", cioè andare in stampa perché la parola su carta assume ben altro valore del volatile Web.
Quinidi servono anche:
A. La costituzione di una Associazione Movimento Politico da fare con atto notarile e proprio Statuto a regola d'arte.
B. I soldi. Prima un autofinanziamento minimo di 500 - 1000 Euro per i primi soci, poi la richiesta dei fondi in base alla vigente legge che sostiene gli organi di stampa dei movimenti politici.
Altri, dal gruppo dei 101 a ai Neo-lib, già si stanno muovendo per fare le solite assemblee. Nessuno però sta lavorando per creare un forte polo di elaborazione culturale autonomo. E' duro e faticoso ma è l'unica strada seria (anche se richiede tempo) per agganciare quei parlamentari (pochi) liberali che siederanno nel prossimo Parlamento. Non penserete, spero, che potremo prescindere dal Palazzo. Rischieremmo di creare uno strapuntino su quale qualche politicante metterà subito il cappello!
Un caro saluto a tutti
Luca Tentellini

9 aprile 2006

 

Come rifondare un grande soggetto liberale? Modi, tecniche e tempi

Oggi è giorno di elezioni politiche, e la delusione dei liberali è grande perché pochi sono i veri liberali candidati a Destra e a Sinistra, pochissimi quelli sicuramente eletti. Se non ci fossero stati i radicali, con i socialisti democratici nella lista Rosa nel pugno, sarebbe il deserto. Questo, mentre il liberalismo è l'unica dottrina politica che trionfa sul teatro della Storia, senza la consueta scia di tragici errori, genocidi, violenze e arretratezza morale ed economica che le dittature di destra e sinistra, e le teocrazie, hanno lasciato dietro di sé. Ma i liberali sono poco presenti in politica soprattutto per il proprio individualismo ottuso e maniacale, per un esagerato senso critico e per la sfiducia nella forma partito, come in altre forme di organizzazione collettiva.
Pur conoscendo questa tendenza, riteniamo maturi i tempi di un coordinamento e poi di una riunificazione dei tanti liberali della Diaspora (club culturali, club politici, movimenti e partiti), in vista della forndazione di veri e propri Stati Generali del liberalismo italiano e poi di un soggetto liberale unico. E' un obiettivo difficile, molto difficile, tanto che i volonterosi mediatori dovranno lottare strenuamente più che contro gli avversari del liberalismo, con gli stessi liberali, molti dei quali "vogliono" restare soli o in esigue minoranze, anche per innata schifiltosità snobistica. Ma abbiamo inventato un sistema geniale di assemblea di rifondazione che, da sola, dovrebbe riuscire a "bucare" il muro di indifferenza che i mass-media oppongono alle cose liberali, ben sapendo che di solito non hanno seguito. In questo caso, invece, i giornali avrebbero finalmente quella notizia-bomba, quel fatto unico e mai verificatosi prima, che aspettano invano da decenni.
Riporto, perciò, in sintesi - è un'anteprima assoluta - almeno la conclusione del Comitato Vivona, per la parte di mia competenza, che era "Modi e tecniche comunicative di indizione dell’Assemblea di rifondazione dei Liberali italiani". Altro che una piccola "assemblea a giugno", come ho sentito dire da qualche giornalista o blogger superficiale, che non si rende neanche conto delle difficoltà immani nel riunire dei liberali. Questa andrebbe bene solo per sollevare il problema sui giornali, o per indire a sua volta un Comitato preparatore o provvisorio che dovrebbe convincere i tanti club ed esponenti liberali a prender parte tra un anno a un vero Comitato esecutivo con pieni poteri, che finirebbe i lavori, forse, a giugno del 2008. Perché il processo di riaggregazione di personaggi così mobili e individualisti – voi lettori lo sapete bene – come gli individui della specie Homo liberalis, var. italicus, è lunghissimo.
E il lungo iter può partire solo se, tra gli oltre 60 soggetti liberali italiani censiti dal Salon Voltaire, quelli politici con ambizioni partitiche si impegnano a sciogliersi. Perché agli Stati Generali devono partecipare solo i soggetti individuali che hanno azzerato ogni organizzazione. Altrimenti si crea l’ennesima sigletta pseudo-liberale che "si aggiunge" ma non sostituisce le altre.Cominciamo dall'ora zero. Un grande Manifesto agli italiani tutti, non a chi già sa di essere liberale, porrà 20 quesiti concreti, tipo test. Esempio: "Se l’Alitalia non va in pareggio, dobbiamo farla fallire o la deve salvare lo Stato"?" E le risposte liberali, in corpo piccolissimo. Questo in tutti i campi: diritti civili, scuola, laicità, economia ecc. Il Manifesto deve essere firmato da personalità liberali, ma senza nessuna sigla, perché appunto si riparte da zero. Se infatti ci sono sigle, gli altri liberali italiani – sono fatti così – non aderiscono per invidia.Il Comitato, nel quale ci devono essere liberali veri e di lunga data, ma anche abili organizzatori di eventi ed esperti di psicologia della comunicazione con curriculum, deve convincere gli industriali più liberali, su un progetto preciso, a finanziare il Manifesto cartaceo e gli spot tv.
Dopodiché – e sarà un avvenimento-bomba – in tutti gli oltre 8000 comuni italiani si organizza il giorno x all’ora x, grazie alla teleconferenza con i computer, la più numerosa assemblea della Storia. Quasi gratuita. I ragionieri calcoleranno quanti rifondatori liberali dovranno riunire in assemblea reale Roma e Milano (p.es 2000-3000 persone), e quanti il più piccolo comune, chiamiamolo Rocca di Sopra (p.es. 4 persone su 46 abitanti). Con questo geniale ed economico sistema proporzionale, grazie alla rete di computer collegati tra loro, avremo organizzato un’assemblea reale ma telematica anche di 200.000 persone o più. Sfido tutti i giornali a non riportare l’evento. [I liberali, in genere sono furbetti, perciò ci preme specificare che il copyright morale dell’idea è di Nico Valerio. Utilizzabile gratis da chiunque, citando la fonte... NdA].
Enorme sarebbe la ricaduta comunicativa dopo l’assemblea. Il Comitato esecutivo darà luogo al Nuovo soggetto. Dopo lunghi studi, da buon titolista che non ha mai sbagliato un titolo di libro o di manifesto – e su questo gli amici RL tacciano, per favore – ho trovato solo un nome perfetto, vincente, moderno e classico: "Liberali italiani". Su tre bande stilizzate bianco-rosso-verdi (che è il simbolo più amato dai liberali italiani). Dalla Cosa, poiché davvero unitaria, non si potranno escludere i soliti politicanti rotti da mille avventure (ché se no, ne fondano un’altra…), ma metteremo dentro anche i molti giovani emersi localmente e – novità – i grandi nomi del giornalismo e della cultura, e i tanti che non sanno di essere liberali, ma hanno risposto positivamente ai 20 quesiti del Manifesto. Affluiranno, quindi, molti liberali veri a noi sconosciuti, che finora erano prigionieri della Sinistra o della Destra.
Ma tutto questo serve per ora solo per esercitarsi e prepararsi. Scatterà in tempo reale solo con l’implosione di Forza Italia. Altrimenti è impossibile. Quindi, non facciamo sciocchezze emotive anzitempo, nel solito stile della politica italiana, non strumentalizziamo cinicamente lo scontento attuale, non roviniamo tutto per la smania di una banale elezione comunale, e alleniamoci piuttosto in "virtuale" al grande momento. Qualunque sigletta fatta oggi, sappiate, sarà un "no" alla grande riunificazione futura, perché "si aggiungerà" alle altre sigle, non le sostituirà. Aumentando lo sconcerto e il discredito dell’idea liberale tra i liberali.

 

Diaspora liberale. Ora tutti vogliono unificare e rinfondare i liberali

Liberale è donna? Sì, quella dell’opera, "mobile, qual piuma al vento". Che cos’è, amici, quest’improvvisa frenesia d’una rifondazione liberale – figuriamoci – da parte di quelli che ieri non c’erano, non si facevano vivi o erano addirittura contrari? E perfino sotto elezioni: si può essere più intempestivi?
Dite la verità: volete solo far dispetto a qualcuno, vendicarvi perché siete stati trombati alle candidature, o avete capito solo ora che Forza Italia è la vecchia Dc (molto più clericale, però), che i "salmoni" – perdenti già nel nome – sono stati gabbati (ma se la sono voluta), che il Pli ha fatto la figura dello scemo (e ben gli sta), che An, Udc e Lega, e anche la Sinistra, radicali esclusi, sono forze conservatrici se non reazionarie, e che il bipolarismo all’italiana non funziona. E ora non sapete che fare da grandi.
Ma è troppo tardi per voi, e troppo presto per noi. Dove stavate quando col liberale Vittorio Vivona due anni fa creammo un Comitato di studio per gli Stati Generali dell’unificazione di tutti i Liberali italiani? Tutti eravate contro, allora, e fino a un mese fa, dico tutti, anche L'Opinione. "Ma quali liberali uniti, sono cose sorpassate: oggi c’è il bipolarismo", dicevate. E chiudevate col più grosso sfondone: "I liberali stanno nella Casa delle libertà". Perciò, ora, prima di proporre qualcosa di nuovo con grande faccia tosta, come si usa in Italia, come se non fosse successo nulla e voi foste i primi arrivati – addirittura gente che si firma con un alias, come il miserioso blogger Jinzo – mentre noi ci esponevamo con i nostri nomi (Vivona, Lamedica, Valerio, Di Massimo ed altri, e lavoravamo all’ipotesi nei particolari), abbiate la bontà innanzitutto di chiedere scusa, e poi di mettervi umilmente in fila, anziché posare il cappello sulle prime sedie trovate. Perché "accà niscuno è fesso", e sapete come sono considerati dagli psicologi i "troppo furbi" all’italiana? Degli sprovveduti. Perché non prevedono che gli altri si accorgano della loro furbizia.
E scusate se ho battuto Sgarbi in antipatia, ma "quando ce vo’, ce vo’" diceva mia nonna.

5 aprile 2006

 

Comitato provvisorio e adesioni: liberali veri, d'ogni tendenza

Il Comitato del Coordinamento dei Liberali Italiani valuta la possibilità reale dei contatti con partiti, club, personalità, intellettuali e gruppi liberali sparsi in Italia, allo scopo di spianare la strada davanti al futuro Comitato effettivo, che in futuro organizzerà gli Stati Generali del Liberalismo e poi, se la grande Assemblea lo deciderà, darà vita ad un nuovo soggetto liberale unitario.
Per il momento, si stanno raccogliendo le adesioni dei Club aderenti, sulla base della sottoscrizione del Manifesto programmatico.
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Coordinamento dei liberali italiani
(aggiornato al 9 novembre 2007)
Veneto Liberale (Beppi Lamedica)
Forum Liberale delle Marche (Claudio Pietroni)
Tavolo dei liberali Veneti (Michele Marchioro)
Giovani Liberali-Lymec
Federazione dei Liberali (Raffaello Morelli)
Salon Voltaire (Nico Valerio)
Liberali di Verbania (Stefano Gaggiotti)
Liberali Sardi (Mario Carboni)
Nuovo Pli (Ubaldo Procaccini)

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