25 novembre 2006

 

Morelli: "Un'anima liberale a tutta la politica italiana, non a una sua parte"

Lo scambio di mail tra Gionata Pacor e Beppi Lamedica [vedi sotto l'articolo in Liberali Italiani] ha fatto emergere delle differenze non irrilevanti, per cui diviene chiaro che esiste un problema di entrata più che un problema di uscita.
I redattori e i sottoscrittori del Manifesto del Coordinamento hanno scelto una strada precisa come motivo di convergenza . Punto di partenza è il riconoscimento che "un movimento liberale rappresentativo è assente dal panorama politico italiano" e che invece per colmare il buco di liberalismo occorre che far sì che "i liberali stiano con i liberali". Il Coordinamento si prefigge appunto di riuscire nel tempo a rappresentarli unitariamente nella politica Italiana per fare una politica liberale. In pratica il Manifesto tratta dei liberali non come singoli ma come gruppo di cittadini che vogliono farsi politici comportandosi da liberali politicamente impegnati in Italia. La richiesta firma del Manifesto significa attestare che si condivide questo motivo di convergenza.
Ora Gionata Pacor fa asserzioni che contraddicono in radice tale impostazione. Prima di tutto contesta l'impegno politico liberale in Italia asserendo che basta essere in Europa con l'ELDR per sgombrare i dubbi su chi è liberale. Il Coordinamento richiede il contrario, e cioè che chi vuol essere liberale politico in Italia deve far riferimento all'ELDR. La differenza è sostanziale, poiché con l'impostazione Pacor sparisce lo sforzo di costruire un movimento liberale rappresentativo nella politica italiana. Che è l'effettiva ragione sociale del Coordinamento.
Gionata Pacor rincara la dose sostenendo poi che questa volontà del movimento liberale ( i liberali con i liberali) equivarrebbe alla tesi del terzo polo italiano che per lui deve essere solo una delle opzioni possibili. Con questo fa propria la posizione del bipolarismo politico culturale che, volendo imporre un letto di Procuste ai cittadini, è in sé una tesi profondamente illiberale. L'anima del Coordinamento, al contrario, è che la cultura e la politica liberali sono un terzo genere rispetto alla destra e alla sinistra italiane. E che questo non si traduce affatto necessariamente in un terzo polo elettorale ai vari livelli. Anzi il Coordinamento auspica accordi e alleanze tra liberali e altri soggetti con la sola condizione della coerenza con il Manifesto.
Gionata Pacor scrive anche che, vedendo le cose da lontano, le critiche ai Riformatori Liberali, gli sembrano piccole piccole. E' naturale. Lui opera in paesi dove il problema della esistenza del movimento politico liberale è stato risolto da decenni e dunque l'attenzione si sposta sul come fare le alleanze. Ma se facesse più mente locale alla situazione italiana e all'obiettivo scelto dal Coordinamento, difficilmente potrebbe negare che le critiche ai Riformatori Liberali sono grandi grandi. La centrale ( e pare esclusiva ) aspirazione politica dei Riformatori Liberali è quella di integrarsi meglio in Forza Italia (che si qualifica sezione italiana del Partito Popolare). Basta vedere graficamente come si presenta il loro sito con il continuo vistoso richiamo alle manifestazioni di questo partito, da quelle dei Circoli della Libertà di Dell'Utri alla grande adunata del 2 dicembre. E al di là della grafica basta leggere il Manifesto dei Riformatori liberali, che fin dal titolo confligge con l'impostazione del Coordinamento.
"Diamo un'anima libertaria al centro destra" è ovviamente molto differente da quello che potrebbe essere il titolo del Manifesto del Coordinamento, "Mettiamo un'anima liberale nella politica italiana". E' diverso sull'ambigua equivalenza tra libertario e liberale e lo è sull'ambiente di riferimento che i Riformatori limitano al centro destra. Non a caso. Perché leggendo il testo si scopre che i Riformatori ripetono il vecchio errore di definirsi solo in negativo (il che non è possibile per dei coerenti liberali); che a questo aggiungono robuste venature di tesi teo-con sia nel settore internazionale sia soprattutto nelle questioni della laicità istituzionale; e che alla fine , con acrobazia logica, si preoccupano che FI e il centro destra, da loro sostenuto perinde ac cadaver, possa chiuder loro le porte in faccia.
Infine Gionata Pacor termina con un'asserzione davvero stupefacente. Mi riesce difficile capire come possa tacciare il Coordinamento di strumentalismo antiberlusconiano e di disattenzione alla politica dei contenuti liberali, quando la prova dei fatti ha mostrato che il governo di FI e della CdL in cinque anni non ha fatto le liberalizzazioni care a Della Vedova, ma ha fatto la legge sulla procreazione assistita (a parte tutta una serie di provvedimenti non liberali). Senza contare che la ragione sociale del Coordinamento è proprio che senza una politica per costruire il contenitore liberale, non è possibile arrivare ad una politica che abbia contenuti liberali. E' la stessa ragione per cui i liberali non possono riconoscersi nel vagheggiato Partito Democratico, misticamente indefinito nella cultura, nei progetti e negli obiettivi.
Il problema non è formale né di tattiche elettorali. Si è o non si è politicamente d'accordo sul "I liberali con i liberali"? Questo è il nodo da sciogliere prima di entrare nel Coordinamento.
RAFFAELLO MORELLI
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Nella foto, Giovanni Amendola.

24 novembre 2006

 

A che servono quegli strani "liberali dalemiani". Vuoi scommettere che...?

Intanto leggetevi i primi commenti sul nuovo gruppo "Sinistra liberale", pubblicato da Salon Voltaire. Fatto? ecco, noi liberali, per dar corpo ad un coordinamentio provvisorio, "il primo cristallo del processo di cristallizazione", stiamo sudando le sette camice per mettere insieme sette o otto gruppi iniziali, che per la prima volta in Italia dopo la Liberazione sono gruppi liberali di Destra, Centro e Sinistra. Perciò siamo tutti molto prudenti, dialettici, sempre sul chi vive. Abbiamo in testa, ma il processo è lungo, un raggruppamento finale che dovrenne sfociare nella fondazione dal basso di un Grande Soggetto unico liberale, capace di fronteggiare anche le grandi coalizioni.
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Poi, un qualunque lunedi di novembre arriva Fassino, e come se niente fosse crea dal nulla un nuovo soggettino liberale (dove tra l'altro abbiamo scoperto non pochi amici). Ce n'era proprio bisogno? Bene, si sarà detto più d'uno nel Comitato, la segreteria Ds vuole "esserci", quando sarà il momento, anzi fin d'ora infila dentro il piede, mentre la porta della riunificazione liberale si sta lentamente aprendo. Con la pretesa, chissà, che anche con questo gruppetto i futuri Costituenti del Soggettone Liberale siano costretti a fare i conti. Ecco, facciamo finta di crederci, stiamo al gioco dalemian-fassiniano.
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Ma perché, secondo voi, una persona furba come D'Alema, attraverso il suo uomo Fassino, ha permesso che si formasse, per ora dentro i Ds, ufficialmente in vista del futuro Partito Democratico (delineato da ben sei mozioni diverse, ha fatto notare Enzo Marzo nell'intervista a Radio Radicale), una lista di "Sinistra Liberale"?
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Lo stesso Marzo, che da solo ha creato decenni fa l'unico vero gruppo culturale di sinistra liberale in Italia, attraverso la rivista-laboratorio "Critica liberale", ha preso bruscamente le distanze da quello che definisce un "episodio minore di trasformismo, enfatizzato solo dalla presenza al Convegno di Fassino". Gli amici della Sinistra liberale, col coordinatore Gianfranco Passalacqua, protestano per il sospetto di trasformismo avanzato da Marzo, e replicano: "La nostra è una scelta lineare e consapevole: siamo liberali progressisti, e pretendiamo almeno il rispetto". Giusto, e per correttezza rimandiamo alla civilissima replica di Passalacqua.
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Ma un tarlo ci buca la mente. Siamo convinti che D'Alema e Fassino non facciano nulla a vuoto, gratis. E in questo caso, secondo voi, vogliono forse danneggiare i futuri - chiamiamoli così - Liberali Uniti? Ma neanche ci pensano ("ci" sta per "a noi"). Allora, vogliono solo esserci già, con una "cosa liberale", prima che abbiano la stessa idea i quasi clericali della Margherita di Rutelli? Acqua, acqua. A chi, infatti, dovrebbero fare concorrenza? Allora, vogliono togliere quei pochi liberali a Rutelli? Peggio, gli farebbero un favore.
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Ma allora, vogliono intercettare i voti liberali del Centro-destra? Acqua, acqua, cari amici. Nessun voto da quella parte verrebbe mai ad una lista del genere, tanto più se etichettata sapientemente non come "Liberali di sinistra", ma più abilmente "Sinistra liberale", cioè una dizione che allontana chilometri prima qualsiasi liberale di Destra.
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E allora, di grazia, a che serve un nuovo gruppo del genere, che non attrarrà mai né i tanti liberali che stanno nella Casa delle libertà, né i pochi liberali terzisti neutrali, né tantomeno i pochi liberali della Sinistra? A proposito, ho scritto "Liberali della Sinistra"? Ma ci sono già. E chi sono, se non i Radicali?
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Ecco, ci siamo arrivati: questa sigla fantasma potrebbe servire per risolvere una volta per tutte, alla sovietica (vi ricordate il "Partito dei Contadini" nella Germania orientale?), la "questione radicale". Contro di loro, ovviamente.
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E' una supposizione, certo, ma questa invenzione balzana, capitanata da un giovanotto ambizioso mandato allo sbaraglio senza truppe, privo perfino degli unici due liberali che abitano lì vicino, nello stesso gruppo parlamentare, cioè Zanone e la Dato, potrebbe avere questo scopo recondito: impaurire quei prepotenti e gradassi dei Radicali. Fargli vedere che loro non hanno il monopolio di niente, neanche del liberalismo riformatore, che la potente organizzaziione del Botteghino - altro che i loro romantici tavolini - è in grado di costruire un piccolo partito di massa, e liberale per giunta, in 48 ore. Partito che potrebbe agire nella medesima area elettorale dei Radicali, fargli concorrenza, dargli fastidio, al limite costringerli a traslocare. Del resto, il coordinatore Passalacqua, come ha ricordato durante l'intervista di oggi a Radio Radicale, è stato in passato candidato radicale (be', se è per questo le ha fatte tutte le sette chiese della politica - ha ironizzato Marzo - compresa la Margherita).
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Fatto sta che la prima prova del nove, quella psicologica, ha funzionato. Il fastidio di Pannella nel consueto colloquio domenicale col mitico Bordin, direttore di Radio Radicale, era palpabile quando si è arrivati all'annuncio del convegno per l'indomani. Anche se si è sbagliato avanzando l'ipotesi che ci fosse dietro Enzo Marzo, Pannella non vuole certo concorrenti a Sinistra, che aumenterebbero la confusione che colà regna. Gli bastano e avanzano quei buoni a nulla dei socialisti.

20 novembre 2006

 

Da "ircocervo" a cavallo bianco. I liberal-socialisti sono liberali, o no?

Vi trasmetto l’intervento pubblicato sul sito dell’Associazione nazionale per la Rosa nel Pugno. Tanto per capirci si tratta del gruppo che gravita attorno a Lanfranco Turci. (B.L.)
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I LIBERALSOCIALISTI SONO LIBERALI, O NO?
Sollecitato dal cortese Fabio Cruciani, detto "Crucio", l'animatore di questo opportuno sito internet, intervengo a proposito della proposta di Turci per una costituente liberalsocialista da convocare quale conseguenza di un Manifesto.
Innanzi tutto mi presento.
Sono liberale e non liberalsocialista, anche se non ritengo quest'ultima ideologia un ircocervo, come la definì il liberale Benedetto Croce. Ritengo legittimo ritenersi liberalsocialista e ritengo che possano, a pieno titolo, essere parte sia della famiglia liberale che della famiglia socialista. Personalmente, per la presenza maggioritaria delle componenti stataliste e corporative, all'interno della famiglia europea dei socialisti, riterrei più opportuna la presenza liberalsocialista all'interno della famiglia liberale.
Assieme ad altri amici abbiamo costituito un coordinamento dei liberali italiani sulla base di un Manifesto che potreste leggere collegandovi a http://www.venetoliberale.ilcannocchiale.it/ alla pagina del 6 luglio 2006. Stiamo "costruendo" un sito internet ed organizzando qualche incontro in varie città per divulgare l'iniziativa. Diciamolo: siamo nella fase dello "statu nascenti". In Veneto partiamo già con l'esperienza del tavolo dei liberali veneti, cui Veneto liberale contribuisce grazie anche all'avventura dell'Unione Laica. Alle elezioni provinciali di Vicenza del 2001 venne presentata una lista autonoma dai poli che ha visto coinvolti, oltre ad appunto Veneto liberale, i socialisti che allora si richiamavano a Martelli, i repubblicani di La Malfa, i liberali di De Luca a sostegno della candidatura, quale Presidente della Provincia, dell'avv. Landi, radicale storico di Vicenza ma non benedetto da Capezzone.

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Ciò detto veniamo a noi. Turci sul numero di sabato 16 novembre riconosceva che siamo "in un tempo in cui i valori dell'individuo hanno assunto un'importanza non minore dei valori collettivi e solidaristici e i conflitti post-materiali quanto meno eguagliano il peso dei tradizionali conflitti sociali". Pertanto "solo un socialismo di netta vocazione liberale e laica può intercettare (chi) è insofferente delle permanenti incrostazioni stataliste e corporative che ancora condizionano la sinistra riformista".
Turci si vorrebbe rivolgere, perciò, ad una precisa area elettorale per fornire una offerta ad una particolare domanda politica. "Si tratta - scrive Turci - di una domanda di libertà, di modernizzazione e di protagonismo della parte più dinamica della nostra società che non trova risposta né nel tendenziale doroteismo del Partito democratico né nel radicalismo della sinistra massimalista."
La proposta della costituente socialista, perciò, è destinata a quella parte dell'elettorato di centrosinistra che non si riconosce "né nel tendenziale doroteismo del Partito democratico né nel radicalismo della sinistra massimalista". Mi sembra un'ambizione troppo piccola, perché la "domanda di libertà, di modernizzazione e di protagonismo della parte più dinamica della nostra società" non solo non trova risposta in quei soggetti indicati da Turci, ma non la trova neanche nei soggetti del nazional-populismo di centrodestra. E se a questi insoddisfatti aggiungiamo i non delusi, perché non illusi, che alle ultime elezioni politiche hanno avuto il coraggio di astenersi, il target è molto più ampio di quello individuato da Turci.
Il progetto del coordinamento dei liberali italiani, che mira alla convocazione degli Stati Generali liberali, per dare l'opportunità ai cittadini di avere un' efficace strumento referente del Partito Liberale Europeo (ELDR), non è incompatibile con il progetto liberalsocialista. Sarà onere dei liberalsocialisti scegliere se stare tra i socialisti europei, statalisti e corporativi, o tra i liberali ove farsi paladini di valori collettivi e solidaristici. Le elezioni europee del 2009 sembrano lontane, ma prima si sceglie meglio è.
BEPPI LAMEDICA

Foto: Il filosofo Guido Calogero (a sin.) con Norberto Bobbio, entrambi esponenti del "liberal-socialismo"


5 novembre 2006

 

"Elezioni? Prima riunire tutti i Gruppi liberali e poi cambiare immagine..."

A Giulia Cecchini, responsabile dei liberali di Riccione, avevo chiesto di illustrare il suo pensiero sulle iniziative da prendere per far conoscere al largo pubblico e alla stampa - specialmente in provincia e nei piccoli centri - il Manifesto e il coordinamento che unisce i Liberali Italiani. La risposta (vedi l'articolo precedente) è di buonsenso e realismo, virtù che dovrebbero essere tipiche dei Liberali, ma che oggi sono sempre più rare. Il che spiega l'insuccesso dei liberali, che pure - stando alle idee - dovrebbero costituire il secondo, se non il primo, partito italiano (30 per cento). Perché, come dimostrano anche le vicende dei "fratelli" radicali, là dove manca la psicologia e la conoscenza della realtà là manca anche l'intelligenza.
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Tra le giuste obiezioni dell’amica Cecchini ci sono i tempi. Cambiamenti così profondi nella ormai radicata "immagine" popolare dell’identità liberale vorrebbero mesi, se non anni, fa capire Giulia. Senza contare il ribaltamento della prevenzione della gente, diciamo del 98 per cento della gente, verso la Politica e i politicanti italiani. E io sono d'accordo.
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E poi consentitemi una "interpretazione autentica". Io stesso che - da solo - ho avuto e maturato per due anni con la newsletter del Salon Voltaire l'idea del coordinamento dei Liberali Italiani, e ho creato sia la testata, sia la bozza del Manifesto, avevo in mentre un processo lungo anni. Anche perché, diciamocelo, è da decenni ormai che i liberali sono sparsi nelle case più diverse, dove si sono ricreati una nuova vita. E, come si sa, le tradizioni recenti fanno aggio su quelle remote.

Poi, perché la Politica italiana si possa riconfigurare in modo da dare spazio ad un Partito liberale, devono prima dissolversi o ricomporsi o ridimensionarsi alcuni partiti importanti che imprigionano al loro interno - per un equivoco o, peggio, per una scelta di Potere - molti liberali su cui noi dovremmo contare per il lancio del movimento unitario. Condizioni difficili. E non sarei liberale se non avessi accanto all'ottimismo della volontà il pessimismo della Ragione. Anche perché i furbi pseudo-liberali, che abbondano, non perderebbero tempo: in caso di disgregazione di quei partiti, fonderebbero subito, loro, il Nuovo Soggetto Liberale. E con i loro nomi noti tra giornalisti, politici e opinione pubblica avrebbero la massima credibilità. Avrebbero voglia i Valerio, i Lamedica e i Morelli a gridare ai quattro venti che quelli non sono veri liberali... Farebbero la figura dei dilettanti.
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Eppure, incuranti della realtà appena evocata, tutti gli amici che ho invitato nel Coordinamento sono frettolosi, vogliono "menare le mani" subito, e pensano alle prossime elezioni "come se esistesse già un Nuovo Soggetto Liberale". Nonostante che noi siamo solo un primo, provvisorio, coordinamento tra gruppi e non un Partito o una lista, e che nulla sia stato ancora fatto per coordinare tutti i gruppi liberali più piccoli, tutti i club culturali liberali (realtà importante del mondo liberale, dove i club sono più culturali che politici, giustamente) e soprattutto gli unici soggetti che da soli garantiscono il successo e la visibilità: i Partiti. Ma per questi ultimi, e sono d'accordo con voi, siamo proprio ai castelli in aria.
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E' un errore grave, perché così non c'è tempo di fare un vestito nuovo per il liberalismo italiano (prendendo la camicia là, i pantaloni qua, la giacca da un’altra parte), che oggi non è preso sul serio perfino dai "liberali famosi", che col loro cinismo e pessimismo si mostrano inadeguati, ma che – è una legge psicologica che non possiamo ignorare – sono purtroppo l’unico naturale traino mediatico agli occhi dell’opinione pubblica.
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Ma, quel che è più grave, non c’è tempo neanche per fare la plastica facciale alla Politica politicante all’italiana, screditata e compromessa agli occhi dell'opinione pubblica, specialmente in provincia, in modo quasi irrimediabile.
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In queste condizioni, partecipare entro 1 o 2 anni ad elezioni non serve a nulla: prenderemo il solito inutile 0,1 che non si nega a nessuno, cioè meno del solito Partito dei Pensionati. Confermando così, agli occhi prevenuti della gente, tutti i luoghi comuni sui liberali "inutili" e sopravvissuti, condannati all’eterna sconfitta.
Invece, noi che ingiustamente siamo stati perdenti a lungo, ora dovremmo muoverci solo per vincere.
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Riuscirò a far cambiare idea agli amici del Coordinamento? Difficile, perché come insegna la psicologia dei gruppi (ma anche le riunioni di condominio in Italia, dove il buonsenso è sconosciuto), chi sbaglia è anche testardo e alla logica e alla psicologia oppone la maggioranza assembleare. Mentre, come la razionalità liberale vuole, in un ristretto gruppo iniziatore di un Coordinamento l’unanimità dovrebbe regnare sovrana.
NICO VALERIO

 

Cecchini: "Il rilancio liberale? In provincia le regole sono queste..."

Caro Nico, sono d'accordo con quanto dicevi tu nella riunione di Bologna del Coordinamento dei Liberali Italiani, sull'importanza della comunicazione. Credo sia importante stimolare l'identificazione, cercando però di trovare i modelli più apprezzati. Per la situazione italiana altamente frammentata si presenta il rischio di proporre un modello che possa anda bene per pochi, e raccolga invece più dissensi.
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Un altro aspetto che secondo me non va sottovalutato è l'appartenenza territoriale. Spesso le "pensate" vengono prodotte da chi vive a Roma o a Milano: grossi bacini di utenza sicuramente, ma quando vai a rapportarli a tutto il resto degli Italiani, i numeri si riducono drasticamente.
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Questo perchè la "testa" a Roma e Milano è talmente diversa da quella nei centri più piccoli, che alla fine non si riesce a compensare il gap dei numeri. Avendo vissuto sia a Roma che a Milano, oltre che a Firenze, ho sentito particolarmente la differenza del vivere in un piccolo centro. E considerato che i piccoli centri sono la maggioranza, bisogna imparare dalla Sinistra, che questo dettaglio non lo ha mai sottovalutato (pensiamo ai circoli Arci, presenti in ogni più piccolo paesino), oppure dalla Chiesa (hai mai visto un paesino senza una chiesetta con relativo parroco?).
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Al di là della presenza capillare, quello che viene creato è proprio uno spirito di aggregazione: il gruppetto di anziani che giocano a bocce, oppure i ragazzini dell'oratorio. Una volta identificatisi in un gruppo, salvo qualche defezione, il gruppo si muove solido. Sono molto importanti le iniziative che si stanno mettendo in piedi, di grandi raduni, ma la presa psicologica nei piccoli centri dove si percepisce particolarmente lontana la "questione filosofica", rispetto al pane quotidiano, porterà ad una serie di raduni dei cosiddetti "locali" (romani, milanesi, napoletani), ma con la totale assenza dei riccionesi (un esempio per tutti), quand'anche ci fossero personaggi di spicco.
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Per riuscire a portare più persone dovremmo riuscire, nei piccoli centri, a penetrare nei gruppi più o meno organizzati. Essendo prevalentemente un movimento, più che un partito politico, si potrebbero organizzare iniziative per interessare gruppi già costituiti tra loro, e al di fuori del mondo della politica.
Mi viene in mente un esempio: se organizzassimo un convegno (o conferenza, dibattito, ecc.) in cui si invitano ad esempio i club di fuoristrada e gli organizzatori del Club alpino italiano per discutere insieme delle problematiche legate all'ambiente e all'impatto delle attività sportive, con un buon moderatore (ovviamente per evitare il lancio delle sedie!), potremmo presentare anche le posizioni dei liberali in merito alla tutela ambientale e alla salvaguardia delle discipline sportive. Così, un incontro-seminario sull'alimentazione naturale, ad esempio, potrebbe vedere allo stesso tavolo ristoratori, agriturismi e dietologi-dietisti.
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Comunque, dovrà sempre essere presente la realtà locale. Avrei qualche difficoltà a far interessare qualche riminese ai problemi delle guide alpine, mentre per i trentini un evento che coinvolgerebbe i pescatori sarebbe poco interessante. Con una serie di iniziative mirate, individuando gruppi radicati sul territorio, esponendo le posizioni dei liberali, presentati come movimento, penso che si possano ottenere due vantaggi principali: la visibilità (ci siamo, siamo presenti e attivi non nelle "fanfaluche" politiche, ma nelle cose di tutti i giorni), e la diffusione di una coscienza liberale e di principi in cui la gente comune si riconosce.
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Solo consolidando questi due obiettivi si potrà passare ad un terzo obiettivo più grande: creare un'identità politica in chi già si è identificato nei nostri principi. Era questo quello che intendevo all'incontro di Bologna quando parlavo di obiettivi intermedi.
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Se noi partiamo già da una visione politica, rischiamo di perdere la gente, invece di avvicinarla. E questo per due motivi. Innanzitutto, la gente non si fida dei politici, perché purtroppo la politica è uscita dal polverone elettorale con un'immagine completamente distrutta. Un partito in più o in meno non sarà in grado di ricostruire la fiducia.
In secondo luogo, la gente non si identifica nei politici. Non sono più modelli da ammirare o per i quali portare rispetto (basta vedere le aggressioni fisiche nei comizi).
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La fiducia perciò va ricreata dal basso, dalle persone comuni e dal quotidiano. E noi dobbiamo proporre un modello etico, comportamentale e morale diverso da quello a cui sono abituati.
Mi rendo conto che, questa "riforma strutturale" segue un cammino più lungo di quello che vorrebbero intraprendere ora i movimenti liberali. I tempi che porterebbero a questa maturazione della fiducia mal si accordano con i tempi stretti che si vogliono imporre, dati gli obiettivi e le scadenze politiche.
Io penso che mi muoverò in questo modo, sempre compatibilmente con il poco tempo che ho e con il fatto che sono sola a gestire la mia zona (e non essendo neanche del posto, le difficoltà aumentano).
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Per partire con questi obiettivi, il lavoro preliminare prevede l'individuazione di un argomento che possa far presa sul territorio, l'individuazione di associazioni, club, ecc. da invitare, l'individuazione del luogo dove effettuare l'incontro. In questo caso si può richiedere al Comune l'utilizzo di una sala conferenze. Il costo della sala è di circa 100 euro a Riccione (in altri centri non so, ma penso che la cifra possa essere della stessa entità). Facendo richiesta per tempo, si potrebbe anche avere la sala a titolo gratuito. Poi c'è la definizione del programma e la scelta degli oratori, l'invio degli inviti, la comunicazione ai giornali locali dell'evento. E in genere, come si sa, gli eventi non politici vengono pubblicati più facilmente.
GIULIA CECCHINI

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