26 ottobre 2006

 

"E ora, tutti al lavoro con gli eventi: facciamo conoscere il Manifesto"

Telefona l’amico Claudio Pietroni di Ancona pregandomi di far conoscere nel sito la sua opinione dopo la riunione del Comitato a Bologna del 21 ottobre scorso.
Vanno bene, benissimo – dice – le decisioni prese sulle cose concrete da fare. Basta col "parlare di politica", le parole ormai valgono zero: ora ci vogliono i fatti. A chi lo dice…
Il Comitato dei Liberali Italiani ha approvato l’organizzazione di eventi importanti, sia a Roma – dove per la presenza dei giornalisti politici e la risonanza nazionale darebbero il massimo di visibilità – sia a Milano e in altre città. Lo scopo è quello di far conoscere alla stampa e all’opinione pubblica l’esistenza del Comitato e soprattutto del Manifesto, come minimo denominatore comune faticosamente trovato tra le diverse componenti liberali. E’ la prima volta che accade in Italia, ma ancora nessuno lo sa.
E le presentazioni dovranno essere anche un moltiplicatore di adesioni di club, uomini politici e organizzatori liberali.
Vogliamo innescare una serie di reazioni virtuose tra tutti i liberali italiani, e visto che la stampa è inaccessibile in mancanza di eventi eclatanti, cominciamo a creare gli eventi: l’unica cosa che politici e giornalisti capiscono.
A Roma, aggiungo io, che credo fermamente in una grande manifestazione iniziale, da replicare poi nelle altre città a scadenze mensili, dovremmo chiedere al sindaco Veltroni la sala della Protomoteca in Campidoglio. Ma ce la darà il Comune? La sua politica di concessione delle sale comunali non è molto liberale. Forse stavolta ci aiuterà il non essere considerati un partito, e l’essere in fondo una realtà culturale. Certo, una sala piccola e non prestigiosa sarebbe controproducente, agli occhi dei giornalisti, e se si comincia male con i giornalisti politici – conosco la loro psicologia – è meglio chiudere.
Ma diamoci da fare subito, aggiunge Pietroni. Cominciamo a dividerci i compiti per le varie città. "Per esempio, oltre ad Ancona, ovviamente, posso darmi da fare con amici per organizzare il convegno-presentazione a Napoli". Ad ogni modo – aggiungo io – i tempi sono stretti: per organizzare un convegno nazionale a marzo, teoricamente dovremmo partire proprio ora, al massimo entro Natale.
E’ vero, c’è poco tempo: dovremo convincere i nomi della cultura e della politica liberale ad intervenire, pena la non riconoscibilità e non credibilità da parte della stampa e del pubblico. Aggiungo che un convegno di esponenti di serie B, cioè di soli sconosciuti o di soli esponenti locali, verrebbe visto come "l’ennesimo partitino", la "solita nuova lista" che ambiziosamente cerca di farsi largo nella tenzone elettorale. E sarebbe subito stroncato o ignorato dalla stampa politica. Un buco nell’acqua. Dovremo, invece, dare l’impressione visiva, già dalla conformazione del palco di presidenza e dai nomi degli oratori, che davvero vogliamo rappresentare "tutti i liberali italiani".
Per far questo – la parola torna a Pietroni – il Coordinamento deve decidere date, finalità, modalità degli eventi, chi invitare. Giusto, aggiungo io. E bisogna anche raggranellare un po’ di finanziamenti, anche se le spese vive devono essere minime (in pratica uno striscione da sala, in materiale plastico, che può essere riutilizzato un numero infinito di volte, e pochi manifesti a soli due colori, dato che oggi la gente sta sempre in automobile e i poster non li guarda più nessuno.
Insomma, c’è molto da fare, tantissimo da lavorare, conclude Pietroni. "Mentre noi stiamo a cincischiare sui nuovi siti su internet". Già, aggiungo io, cominciamo a frequentare e a far funzionare questo esistente e gratuito. Che, invece, per ora è desolatamente vuoto. Ma, dico io, non potremmo usare i commenti che stanno sotto ogni articolo come Forum?

22 ottobre 2006

 

Liberali Italiani riuniti a Bologna: decise le prime iniziative. E le tagliatelle?

Mai in Italia, a memoria d'uomo, esponenti delle Destra, del Centro e della Sinistra liberale si erano degnati di sedere attorno ad uno stesso tavolo, e quadrato per giunta. Cosicché a qualcuno è toccato pure lo spigolo, ma non ha fiatato. Cose da pazzi, insomma, che sembrano smentire sia lo sfrenato individualismo, sia la ben nota litigiosità liberale.
Dopo il miracolo della costituzione del Coordinamento (Roma, 10 giugno), il secondo miracolo laico è accaduto nella laica Bologna, scelta perché geograficamente equidistante dalle varie città di provenienza, così come il Manifesto programmatico del 4 luglio era stato stilato perché facesse da minimo comune denominatore tra tutte le diverse posizioni liberali in Italia.
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Nelle sale dello Star-Hotel il Coordinamento dei Liberali Italiani ha visto riuniti, il sen. Gabriele Pagliuzzi, Mario Caputi e Alberto Panigalli (Liberali per l’Italia-Destra liberale, Milano), Beppi Lamedica (Liberali Veneti, Castelfranco), Raffaello Morelli (Federazione dei liberali, Livorno), Claudio Pietroni (Forum liberale Marche, Ancona), Michele Marchioro (Liberaldemocratici veneti), Luca Assirelli (Giovani di Italia dei Valori), Marco Marucco (Liberali di Parma), Giulia Cecchini (Liberali di Romagna), Salvatore Di Maggio (Bologna liberale), oltre a Nico Valerio, del Salon Voltaire, Roma (ideatore e promotore del Coordinamento). Ha fatto una breve apparizione l’amico Sgarzi (di quale gruppo? Di lui non sappiamo di più: chiederemo lumi a Pietroni). In precedenza, con un messaggio inviato a Nico Valerio avevano aderito alla riunione e al Manifesto i Riformatori liberali Europei, nella persona del coordinatore Gionata Pacor.
Affrontate le prime iniziative organizzative tecniche e informatiche (dal nuovo sito web alle previsioni di spesa per le comunicazione telematiche via-computer e teleconferenza), è stata poi la volta de temi cruciali del finanziamento e delle manifestazioni pubbliche. E’ stato deciso un percorso graduale che dalle conferenze stampa locali, per far conoscere a Roma, Milano e in altre grandi città la novità del primo Manifesto comune tra i liberali, dovrebbe condurre ad un grande Congresso nazionale dei Liberali Italiani nella primavera del 2007, in Campidoglio (Roma), e poi alla campagna per le Elezioni Europee con un’unica lista liberale.
Sull'argomento riferiremo con maggior precisione nei prossimi giorni.
Tutto bene, dunque, pur nel tipico "ottimismo della volontà e pessimismo della ragione" dei liberali. Solo un errore imperdonabile ha compiuto il frettoloso Coordinamento, logistico forse, certo poco logico. Nella gaudente e ghiotta Bologna ha avuto la cattiva idea di propinare ai presenti acqua e birra anziché vino rosso dei Colli Emiliani, e al posto delle sperate, fumanti, tagliatelle "fatte in casa", tecnologici (o, chissà, biotecnologici) tramezzini….
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Nelle foto, due grandi liberali italiani: Giovanni Amendola (in basso) e Luigi Einaudi.

19 ottobre 2006

 

Costa: "Liberali, incontriamoci e troviamo una linea comune". Ma poi...

E' uno dei soliti appelli "pro domo sua", quello anonimo ma probabilmente scritto dal presidente della provincia di Cuneo, Raffaele Costa. Accendendo le speranze dei tanti ingenui della base liberale, un riquadrino sulla rivista "Duemila" (8-10 settembre 2006) riportava un titolo furbo e accattivante: "Liberali: incontriamoci e troviamo una linea comune. L'etichetta non basta: occorre agire"
Seguiva il breve testo:
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Sono molte le sigle che caratterizzano l'area liberale. A parte le dichiarazioni proprie dei grandi partiti del centrodestra che si riconoscono più o meno compiutamente nel liberalismo (che ha stregato persino la sinistra e l'astuto Bersani), non v'è dubbio che un'attenzione particolare deve essere rivolta da parte del centrodestra ai movimenti dichiaratamente ed espressamente liberali.
Facciamo qui riferimento ai circoli di Lib Pop, agli iscritti all'Unione Liberale di Centro, al Partito Liberale guidato da Stefano De Luca ed alle tante altre sigle liberali in senso formale o in senso sostanziale (si pensi agli orientamenti di La Malfa, dello stesso Mario Segni ecc..).
Ma non solo la `polverizzazione', sinonimo di ricchezza culturale e di pensiero, è diffusa, quanto `dannosa' in termini di visibilità e chiarezza.
E' importante ipotizzare in tempi ragionevoli un'assise dei Liberali italiani senza pregiudizi verso coloro che si collocano in una posizione terza rispetto ai due poli. In questo orientamento deve prevalere più la sostanza, i contenuti che non la collocazione".

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Come commentare? Prima si esorta a non avere pregiudizi per le diverse collocazioni dei vari club liberali (da che pulpito...), poi perfino nel breve testo e soprattutto nel resto del giornale si dice chiaramente che l'obiettivo vero è radicare nel territorio FI e la CdL. La solita trappola per il liberale isolato, trattato come un minus habens. E' da anni che il liberale Costa se ne esce con aperture del genere, ma poi, al dunque, non partecipa ai Coordinamenti liberali, trova scuse imbarazzate, oppure rivela che i suoi sono solo trucchi lessicali, alla Berlusconi, mentre sembra interessato solo a se stesso, alla visibilità dei suoi club, purtroppo un po' fantomatici e virtuali, come parecchi club liberali. E, quel che è più strano, nonostante gli schiaffi che ha preso dalla CdL, mostra sempre una fedeltà e condiscendenza perinde ac cadaver. Ma, adesso che è al di fuori della politica attiva come presidente d'un inutile provincia, non potrebbe togliersi i sassolini dalle scarpe e manifestare pensieri più indipendenti? No, forse perché gode follemente a camminare con le scarpe piene di ghiaia.
Nella prima pagina dello stesso numero del Duemila, infatti, un grande titolo indica come radicare nel territorio con club e altre iniziative la Casa delle libertà. Ecco che cosa forse Costa intende per "club liberali". Costa come Bondi o Emilio Fede? Questo fideismo a noi pare in contrasto con la mentalità liberale, che deve essere più pragmatica: se una botte comincia a dare un vino che sa di aceto, si cambia botte, o se ne fa una nuova.
Costa deve rendersi conto che se vuole davvero bene al liberalismo, e non solo alla carriera politica, cosa ancora tutta da dimostrare, deve confluire in un coordinamento liberale super partes, e per ora necessariamente neutrale.E' ridicolo unificare i soli liberali della CdL, che oltretutto sono così deboli e timorosi di parlare (si vedano gli amici Riformatori liberali) da non essersi riusciti a ritagliarsi neanche un partitino a sé. Eppure siamo sicuri che i liberali del Centro-destra sono ben superiori all'1 per cento. E allora?
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Foto: in alto il bel libro sull'Italia dei privilegi scritto dall'on.Costa. L'Italia "non privilegiata" gli sarà grata non certo perché sta dando una mano alla riunificazione liberale, o per come ha fatto il segretario del Partito Liberale, ma almeno perché ha scritto questo libro. Quello che è giusto è giusto.

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