25 giugno 2007

 

Dal nostro inviato al Congresso: la Destra se ne va, arriverà forse il Pli-Pri?

Un Congresso a freddo, convocato senza un tema specifico, né l’urgenza di scadenze politiche, in genere riesce meglio di uno condotto con l’acqua alla gola. Perché permette ai congressisti di ragionare con maggior freddezza. Così è stato anche per il IV Congresso del rifondato Partito Liberale Italiano (26.o dalla fondazione) che si è tenuto a Roma dal 22 al 24 giugno all’Hotel Universo.
Ecco gli spunti che potrebbero essere utili a chi è interessato ad un nuovo grande soggetto liberale indipendente e, in particolare, agli amici del Comitato per l’unificazione dei Liberali Italiani.
Innanzitutto, il saluto di Daniele Capezzone - una novità, perché di solito gli amici Radicali snobbano i congressi PLI - non ha contenuto alcun accenno al preannunciato "nuovo soggetto politico liberale, liberista e libertario, né di Destra, né di Sinistra". L’annuncio Capezzone lo ha fatto oggi attraverso il Corriere della Sera.
Intanto, un episodio offre il quadro psicologico che aiuta a capire perché in Italia le unificazioni sono così difficili. In una pausa dei lavori, interrogato sul Comitato, il dirigente Savino Melillo, che era al tavolo della presidenza, ha detto a titolo personale che secondo lui l’assenza di esponenti del Comitato ai lavori del Congresso poteva apparire un elemento psicologicamente negativo, tale da rendere comprensibile la diffidensa del segretario De Luca di fronte all’iniziativa. Equivocando sull’appartenenza politica dei membri del Comitato, che evidentemente riteneva tutti provenienti dal PLI, Melillo ha spiegato che quello che potrebbe dare umanamente fastidio ai dirigenti del partito è che mentre essi cercano di riunire i "pochi liberali italiani" (Melillo è sempre pessimista su questo punto, e non crede al dato del 30 per cento), altri per conto loro mettano in cantiere iniziative analoghe, dispersive, che fanno pensare a posizioni di secessione in un corpo già piccolo.
Ma quando ha appreso che i gruppi riuniti nel Comitato erano e sono realtà politiche indipendenti dal PLI, e che in fondo un rappresentante del Comitato c’era al Congresso (Nico Valerio), e che questi invitava anzi il PLI ad aderire al Manifesto e ad entrare nel Comitato, ha cambiato completamente atteggiamento: "Ah, ma se è così, allora, non c’è problema… A settembre voi inviate una lettera, e ci incontriamo tutti a Roma". (Con l’occasione, aggiungo io, poiché "non si butta niente", potremmo presentare la riunione alla stampa come una tavola rotonda sui liberali in Italia).
Durante il dibattito, mi sono inserito nel filone largamente dominante in Congresso, quello della terzietà del PLI. Non solo dal palco, ma anche negli scambi individuali tutti sparlavano di Prodi e del suo Governo non liberale, e delle sue finte o limitate liberalizzazioni. Ma moltissimi, quasi tutti, sparlavano anche di Berlusconi, del suo Governo deludente e non liberale, e della sua odierna finta opposizione. I passaggi sull’argomento nell’introduzione e nella replica di De Luca erano del tutto uguali ai discorsi abituali all’interno del nostro Comitato. Questo è il dato politico più positivo per noi, che va sottolineato.
Mi è stato facile, perciò, inserirmi nell’opzione largamente prevalente prendendo la parola per sottolineare più volte sia l’esistenza del nostro Comitato, sia la decina di club liberali indipendenti - tutti terzisti come ora il PLI -raccolti in un anno di vita.
Ho più volte, scandendo bene le parole, ripetuto il concetto fondamentale che il liberalismo in Italia (che è ormai potenzialmente oltre il 30 per cento demoscopico) non può certo essere rappresentato da una sola sigla, sia pure nobile e antica, che oggi farebbe non più dello 0,6 per cento. E che ormai la maggior parte dei liberali italiani - quelli veri, non i finti di Forza Italia - o per individualismo o per antipatia per De Luca, o per altri elementi caratteriali, è fuori del PLI.
Perciò, alla fine del Congresso, a mozione finale già approvata, ho chiesto di fare due raccomandazioni alla presidenza.
1. Il PLI si adopererà d’ora in poi per contattare il vasto mondo dei club liberali italiani, vera e propria diaspora non rappresentata in Parlamento e neanche nel PLI, al fine di costituire un grande soggetto unico liberale.
2. Il PLI aderirà e darà il massimo appoggio ad analoghe iniziative liberali, come quella preannunciata da Capezzone, da qualunque parte provengano, purché davvero liberali.
Con mia sorpresa, il segretario De Luca ha risposto dal palco che non solo le approvava personalmente come raccomandazioni, ma anzi le faceva proprie come impegno programmatico, ed ha chiesto ed ottenuto la votazione dei presenti (risultata all’unanimità), dando incarico a Nico Valerio di presentare i relativi testi in forma definitiva al prossimo Consiglio Nazionale.
Una nota di colore, sia pure politico, è stata la secessione della Destra liberale di Basini e Pagliuzzi dal PLI. Invitati a desistere da una mozione degli affetti dalla presidente, la iper-laica e filo-radicale Carla Martino (tanto diversa dal fratello!), non hanno raccolto l’appello e si sono definitamente distaccati. Si erano uniti al PLI solo 2 anni fa. Ora la direzione politica del PLI è più coerente, più bilanciata, più laica, più convintamente indipendente. Basta dire che prima dovevamo sorbirci dagli amici della Destra filippiche ultra-conservatrici e illiberali contro il divorzio o in favore di Goldwater!
Questa defezione forse spiega anche il comportamento un po' provocatorio di Destra liberale nel nostro Comitato.
Così, non avendo concorrenti, e se li ha sono tutti inferiori a lui, De Luca è stato rieletto segretario del PLI per acclamazione. Chi altro, infatti, da indipendente e terzista, potrebbe sostituirlo in Italia? Nessuno. Altissimo è politicamente scialbo e mediaticamente impresentabile, e per di più vuole inserire stabilmente il PLI nel Centro-Destra, Zanone è una bella personalità culturale, poco politica però, che non tradirebbe mai la Margherita e la Sinistra. Lo stesso per Costa, Martino, Biondi, Dato e D’Amico.
Certo, restano le profonde riserve sulla segreteria dell’amico De Luca, del tutto inattivo politicamente, ma che nelle analisi all’interno e nelle dichiarazioni all’esterno almeno rappresenta benissimo (e con il giusto bilanciamento) tutto l’ampio spettro ideologico del Liberalismo moderno, dalla laicità ai diritti civili, dal mercato alle liberalizzazioni, a differenza di molti che lo criticano, che sono o troppo faziosi o incapaci di sintesi o sbilanciati ideologicamente (troppo di destra o troppo di sinistra), o comunicatori addirittura inferiori. I liberali bravi, ambiziosi e intelligenti, infatti, non partecipano, non amano la vita politica attiva.
Questo purtroppo è quanto offre il mercato liberale organizzato, la componente liberale della Provincia italica. Naturale, perciò, per l'inconsistenza politica e culturale della base, che il 70nne segretario del PLI sia ancor oggi insostituibile. Incredibile a dirsi. E questo deficit di classe politica liberale è inquietante.
Naturale anche che il PLI sopravviva solo per "conservare la bandiera" in modo dignitoso, senza nulla fare. Anche perché questo tipo di struttura antiquata (tra l’altro con la parola "partito" ancora nel logo) non permette altro che lo 0,6 per cento, e quindi non gli consente di essere preso in considerazione come forza politica.
Per concludere, chiarito l’equivoco "secessionista", per noi liberali del Comitato i lavori del PLI non sono negativi, ma positivi, in quanto ora abbiamo potenzialmente più vicina a noi una struttura ufficiale e conosciuta come il PLI, e la neonata federazione parlamentare PLI-PRI, rafforzata da questo Congresso nel suo terzismo critico. Il che ci aiuta.

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