30 settembre 2008

 

"Laici" e terza forza? Sì, in Italia sono stati influenti. Ma i liberali non sono solo laici

Nella ricerca scientifica è doveroso precisare la terminologia scelta e la portata delle ipotesi di lavoro. Perciò, molto correttamente, è stato lo stesso autore Massimo Teodori nel corso della presentazione del saggio Storia dei laici nell’Italia clericale e comunista (Marsilio 2008) a precisare che più che contrapposizione al clericalismo, col termine "laici" voleva intendere un’accezione molto più ampia (o più restrittiva, secondo i punti di vista), ovvero quei partiti, movimenti, intellettuali e giornali estranei sia alla Democrazia Cristiana e alla cultura cattolica, sia al PCI e alla cultura comunista.
Sembra ovvio? E invece, no, questa premessa metodologica ci ha gelato. Perché da una parte, è vero, a conti fatti si scopre oggi che hanno avuto un’influenza enorme, ben superiore a quella che avremmo dovuto aspettarci dalla pura somma dei loro risultati elettorali, i cosiddetti "laici" così residualmente intesi. (A proposito, il più corretto termine "laicisti", ammettiamolo, è talmente brutto che viene usato più dalla Chiesa e dal Vaticano a scopo polemico che dai laicisti stessi).
Autore e co-relatori nella presentazione, infatti, hanno convenuto che quasi un terzo dei voti elettorali era "laico", almeno fino alla fine della Prima Repubblica. Tanto che in un accesso di pessimismo Teodori ha ammesso che è chiaro, a questo punto, che dopo quelle ripetute occasioni perse, l'unione di tutti i "laici" non si farà più.
Ma a ben vedere, che cosa voleva dire quello spicchio così apparentemente largo della torta politica e del Potere? Che si era formata, prima ancora che le diatribe ideologiche e filosofiche si fermassero su un punto d’incontro, una vera e propria Terza Forza. Un settore politico, cioè, capace di interporsi tra i duopolisti Dc e Pci, sufficientemente ampio e forte da minacciare di allearsi o con l’uno o con l’altro duopolista, comportandosi così da "ago della bilancia".
Ma era una Terza Forza di puro Potere, perché dal punto di vista culturale e ideologico le differenze, anche solo tra le due componenti principali, i liberali (PLI e PRI) e i socialisti (PSI er PSDI), erano così marcate da rendere non operativa nella quotidiana realtà politica, economica e sindacale quella non presunta o virtuale, ma reale, ancorché inefficiente, Terza Forza. Anche perché i soliti radicali, allora più compiutamente liberal-socialisti di oggi, si appoggiavano ora sul primo, ora sul secondo piatto della bilancia, e perciò non avrebbero potuto essere utilizzati appieno da nessuna delle due componenti.
Non per caso, l’eccezione che confermava la regola contraria erano le Grandi Questioni morali e individuali, come il divorzio, l’aborto o l’obiezione di coscienza, che vedevano perfettamente uniti, come nel grande comizio conclusivo prima del referendum sul divorzio, a piazza del Popolo, a Roma, dove c’erano tutti, da Malagodi a Parri. Ma a differenza di Teodori, si deve ritenere che quel simbolo visivo, teatrale, perfino di massa, della Terza Forza laica, confinato com'era alle pure questioni di coscienza, diciamo meta-partitiche, era anche la definitiva decretazione dell'inutilità politica di quella artificiosa categoria.
L’errore fondamentale dei "terzaforzisti" fu infatti – lo ha ripetuto nella presentazione lo stesso Teodori, che è stato a lungo dirigente e deputato radicale – quello di litigare e antipatizzare cordialmente tra di loro: Pannella non sopportava Saragat, questi aveva in antipatia Malagodi, il quale non amava La Malfa, e così via. E tutti erano concordi nel disprezzare Pannella, del resto abbondantemente ricambiati.
Non parliamo, poi, dei socialisti Psi: l’arrivo di Craxi allontanò anziché avvicinare la prospettiva di una terza forza laica davvero operativa. Basti pensare al Concordato con la Chiesa, segretamente preparato e presentato come un fulmine a ciel sereno. Noi laici liberali ne fummo colpiti: avemmo la conferma che il velleitario PSI craxiano perseguiva solo una politica di puro potere. Altro che ideologia. Non si sentiva né laicista, né terza forza, ma semplicemente mirava a scalzare e sostituire il PCI o la DC, nientemeno, nella più comoda posizione di "seconda forza".
Ulteriore complicazione, l’appartenenza dei socialisti e di alcuni socialdemocratici alla CGIL che allora era collegata con una "cinghia di trasmissione" al PCI. E quindi qualsiasi ipotesi di effettiva terza forza si sarebbe scontrata anche con questa ambigua infiltrazione.
Per questo è da ritenere puro esercizio di retorica giornalistica l’affermazione paradossale che Salvemini (in un articolo del 1953 sul settimanale Il Mondo, opportunamente diffuso dall’amico Lamedica di Veneto Liberale) si sente contemporaneamente liberale, democratico, repubblicano e socialista, anzi nessuno dei quattro, viste le loro beghe, invidie, lotte intestine e figuracce. Faceva parte della stilistica "buona" d’un giornale che doveva – e nell’articolo di Salvemini c’è l’ideologia di Pannunzio – dimostrare di essere del tutto indipendente, ma anche sensibile e attento a quella vasta area post-azionista, lib e lab di lettori della buona borghesia intellettuale crociana o democratica.
Perciò, è proprio l’ipotesi di lavoro "laici"= terza forza residuale tra DC e PCI che non regge storicamente né sul piano ideologico. Una palude troppo vasta e fangosa. Tanto divergenti erano le opzioni economiche, politiche, di metodo, tra liberal-repubblicani, da un lato, e socialisti, sia pur democratici, dall’altro. Non dimentichiamo che ancor oggi le uniche due opzioni democratiche e riformatrici possibili sono tuttora quella liberale e quella socialista. Unirle, sarebbe illogico e ambiguo.
Ma oggi i tempi sono radicalmente cambiati. Il comunismo è crollato e il liberalismo è emerso, più per i demeriti dei suoi avversari che per meriti propri, come l'unica dottrina politica efficace e con minori effetti collaterali. E anche il socialismo è morto o moribondo.
Se dunque nella I Repubblica una terza forza raffazzonata e litigiosa aveva oltre il 25 per cento, oggi secondo le pure opinioni ideologiche degli intervistati solo i liberali avrebbero ben oltre il 30 o 40 per cento. Anche se elettori ormai già accasati tradizionalmente in quasi tutti i partiti, e perciò difficilmente riconducibili alla coerenza dell'unità ideologica fattasi partito.
Ma il punto è che noi liberali non la vogliamo più, oggi, un'ambigua unità dei cosiddetti "laici" intesi alla Teodori. Non ci servirebbe. Si riproporrebbero all'interno tutte le contraddizioni e la dialettica che divideva i partiti del Pentapartito. Al punto in cui siamo, visto che oggi per uno scherzo della Storia ci siamo ritrovati il coltello ideologico dalla parte del manico, vogliamo l'unità dei liberali. Altro che "laici".
Diverso sarebbe stato il caso di vari movimenti, partiti o personalità liberali da collegare. La più corretta lezione di "laici" semplicemente come liberali, individualisti, anticlericali, difensori della concorrenza e delle liberalizzazioni, amici dell’Occidente e propugnatori della Nato, avrebbe dato allo svolgimento della ricerca un andamento più lineare e meno ambiguo, almeno a prestar attenzione alla presentazione dell’interessante volume.
Volume che non abbiamo letto e che ora, fatta questa premessa, leggeremo avidamente.

11 settembre 2008

 

Liberali e repubblicani: guardare al P.L. Europeo e all’Internazionale Liberale

Mentre l’anti-liberalismo etico, giuridico, istituzionale, economico, imperversa nella classe politica di Destra e di Sinistra, contro una metà "moderna" ed europea dell’Italia che pur tra sbandamenti dovuti al secolare deficit culturale, ormai appare profondamente mutata in senso liberale, consola che pochi eroici volontari – "società civile" la chiamerebbero alcuni, quasi a voler mettere in chiaro che loro "civili" non sono – siano impegnati a dare sostanza all’utopia della riunificazione e del rilancio laico. E per "laici", termine inesatto ma in Italia tradizionale, intendiamo quelli veri: liberali e repubblicani.
Consistenti settori di queste due gloriose componenti storiche del Risorgimento che ora, grazie all’impulso venuto proprio da questo blog due anni fa, che dette luogo al primo Manifesto e al primo Coordinamento tra liberali che la storia italiana ricordi (giugno 2006), si riconducono ad unità dopo decenni di diaspora, non certo solo per lodare il passato, che va lodato, ma anzi per il rilancio dell’Italia di oggi e di domani. Perché soltanto a loro, a noi, spetta questo compito? Semplice: perché tutte le ideologie sono crollate, è vero, tranne quella che ha visto i Cavour, i Mazzini, i Croce, i Nathan, gli Einaudi, i La Malfa, gli Ernesto Rossi, creare una Nuova Italia, che nei loro intendimenti doveva essere la meno simile possibile al regno dei Borboni o del Papa, e più simile alla Gran Bretagna.
Il cammino del nostro Comitato, che lavora in un ambiente – quello laico – solcato da particolarismi, personalismi e antiche abitudini alla suddivisione, è stato finora lento ma positivo. Contro le aspettative, è ancora attivo a due anni dalla fondazione, ed anzi ha ha avuto il grande successo, che va ben al di là delle 10 o 12 sigle riunite ed è già un’inversione di tendenza storica, di stimolare il processo di riavvicinamento per la prima volta dopo 15 anni di quasi tutti i filoni del liberalismo fino al 1993 rappresentati dal vecchio Partito Liberale, e dopo 150 anni addirittura di liberali e repubblicani, almeno in parte.
Il processo si sta evolvendo lentamente e con la politica dei piccoli passi. Ora si è concentrati sulle prossime scadenze elettorali (amministrative ed europee).
Sono sempre stato personalmente contrario a bruciare le tappe e a presentarsi agli elettori senza prima aver spiegato la grande novità con chiarezza pedagogica, con eventi che necessariamente devono essere "grandiosi" per imprimersi nella memoria e cancellare vecchi stereotipi consolidati in 60 anni di politica perdente. Perché – ho più volte spiegato fin dall’atto della fondazione del Comitato, nel 2006 – la scienza della psicologia della comunicazione parla chiaro: siamo così in ritardo, per colpa dei politici liberali finora sul palcoscenico (tutti dopo Malagodi e La Malfa), che occorre dare alla gente, attraverso i diffidenti giornalisti politici abituati a vederci perdenti, il senso della vera rottura del trend, cioè una drastica soluzione di continuità col passato, con metodi del tutto nuovi di comunicazione, con un personale politico grintoso e di tipo anglosassone.
Ma la mia intuizione non è mai condivisa dagli amici, anche perché veri Stati Generali di rifondazione del mondo liberale presuppongono un’organizzazione capillare sul territorio che il mondo liberale-repubblicano non ha e, pare, non vuole neanche avere, perché oggi con internet sarebbe non impossibile e perfino economico. Senza contare, per i piccoli finanziamenti necessari, gli scarsi o inesistenti agganci con gli industriali italiani illuminati, i pochi che in una folla di imprenditori abituati al protezionismo, alla sperata politica dei sostegni di Stato, più o meno nascosti, preferirebbero davvero la meritocrazia del mercato vero.
Comunque, se proprio dobbiamo ripresentarci alle elezioni a processo unificativo appena iniziato, almeno facciamolo con dignità e offrendo il lato migliore (che per noi, a differenza delle donne, non è il "lato B"…), e non andando incontro all'ennesima ingiusta sconfitta, almeno facendo in modo che la prima cifra della percentuale non sia zero, noi che in teoria, avremmo dalla nostra la metà degli Italiani.
Anzi, la differenza tra il 40 o più per cento e l’1 per cento o più, rappresenterebbe la misura numerica tangibile, scientifica, della nostra incapacità a rappresentare i Nuovi Italiani, i Nuovi Liberali nati negli anni 90 e 2000. Che oggi – basta con i comodi alibi alla nostra pigrizia o incapacità – sono tanti, tantissimi. Gli antichi generali lo sapevano bene. Vale la pena esporre l’esercito in battaglia e farsi contare dai nemici, senza prima aver fatto neanche propaganda in città villaggi e campagne, e indetto la leva nazionale? Non c’è bisogno di Cesare o Napoleone per rispondere di no.
Nell’ambito della preparazione dell’unità di tutti i liberali italiani, anche in previsione delle scadenze elettorali, fervono comunque le iniziative in campo liberale. Dall’amico Claudio Pietroni, del forum liberale delle Marche e del Comitato dei Liberali Italiani, che ha organizzato il 30 Agosto a Loreto il IV convegno nazionale del "Coordinamento dei liberali italiani per una politica liberale", ricevo il seguente comunicato:
"Si è trattato di una ulteriore occasione d’incontro per quelle formazioni politiche e culturali che si riconoscono nella grande tradizione storica del liberalismo, che nel dialogo trovano una modalità di aggregazione, anche a livello locale, per offrire ai cittadini un’alternativa ai due maggiori schieramenti di destra e di sinistra, entrambi impermeabili al liberalismo.
"E’ stata una nuova tappa positiva – continua il Comunicato di Pietroni – nel percorso volto al superamento della tradizionale diaspora liberale che ha raggiunto l’acme nel 1992, in occasione dello scioglimento del PLI e della cosiddetta Prima Repubblica, ma si è anche evidenziato un vuoto politico di presenza del pensiero liberale.
"Il convegno ha confermato e rafforzato la necessità di prestare ascolto alle aspettative dei cittadini sul territorio in previsione delle prossime amministrative di primavera e delle elezioni europee della primavera del 2009. Si è, inoltre, sottolineata la necessità di curare meglio e con più frequenza la comunicazione via Internet.
"Inoltre, non potendo intervenire sulla modifica della legge elettorale per le prossime elezioni europee, modifiche concernenti lo sbarramento, l’eventuale aumento del numero delle circoscrizioni oltre all’introduzione della lista bloccata, si è deciso di proseguire con il progetto iniziale della raccolta delle firme "come se" i mezzi, le energie umane, culturali e finanziarie fossero sufficienti per superare qualsiasi ostacolo.
"Molto positivo è stato l’incontro con il sig. Lorenzo Furlan, coordinatore dell’associazione apartitica "Per ridurre i costi della politica", che vuole presentare un progetto di legge di iniziativa popolare (cfr. www.aboliamoleprovince.it). Ci si è accordati per risolvere il problema comune della raccolta delle firme e, possibilmente, anche un aiutino per le elezioni.
"In conclusione l’obiettivo principale del percorso intrapreso è quello di dare vita ad un’ampia costituente che faccia riferimento al Partito Liberale Europeo (ELDR) e all’Internazionale Liberale (IL) al fine di avviare la riorganizzazione dell’area in vista delle Europee 2009 e delle prossime amministrative. Questa ambizione per un soggetto politico nuovo, è suffragata dalla partecipazione di chi si dichiara repubblicano, riformatore o laico e si riconosce parte della famiglia culturale che fa riferimento al Partito Liberale Europeo e all’Internazionale liberale.
"Il Convegno si è concluso – così si chiude il Comunicato – con l’annuncio di un nuovo appuntamento per martedì 16 settembre a Roma, assieme al Partito Liberale (De Luca), alla Federazione dei liberali (Morelli), al Forum per l’unità dei repubblicani (Arsena) e ad altri gruppi che sono promotori del progetto costituente (cfr. www.listapereuropee.it)"

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