25 settembre 2010

 

Liberali a convegno. Come sempre, a parole hanno ragione. Ma senza i fatti

Abbiamo accolto con sorpresa e anche un pizzico d’ironia l’invito all’ennesimo Convegno di liberali della più diversa provenienza, uniti dal comune sentire sullo stato della politica oggi e sulle prospettive per il domani. Nel teatro della politica all’italiana, in cui la parola, anzi la retorica da avvocati, la fa da padrona (in Italia si parla davvero troppo, specialmente scendendo verso il Sud, area elettiva ideale per i politici del nulla), eravamo convinti che si sarebbe trattato d’un Convegno, come tutti gli altri della serie, elegantemente analitico, saggiamente propositivo e comunque stimolante, ma anche vuoto di decisioni concrete e, anzi, sempre in grave, imperdonabile, ritardo con i doveri mai assolti del mondo culturale e politico liberale in questi ultimi 60 anni di vita pubblica ufficialmente “liberal-democratica”.
Forse anche per questi rilievi sottostanti, ben noti ai giornalisti di qualunque tendenza, compresi quelli liberali, il Convegno del 21 luglio scorso, a Roma è stato ignorato dalla stampa e quindi dall’opinione pubblica, complice anche l'estate. Nessuno, che noi si sappia, lo ha commentato. Quindi, in termini comunicativi e razionali è come se non fosse mai avvenuto. Clandestino, “giustamente”, per un doppio motivo: perché liberale (e perciò, nell’immaginario collettivo dei giornalisti – viste le esperienze passate – non fattivo, quindi inutile) e poi perché estivo. Laddove la seconda argomentazione faceva da pietosa copertura della prima.
Anche questo sito ha tardato a pubblicarlo, tanto che ci siamo consultati di nuovo con l’autore, che a suo tempo avevamo pregato di seguire il Convegno, sull’opportunità di pubblicarlo o no due mesi dopo. E lo stesso autore, per la verità, era incerto o perplesso.
Ma il ritardo non era dovuto certo a disinteresse, semmai a troppo interesse. Perché ne volevamo sapere di più. Ma questo di più da partecipanti e proponenti non è stato possibile conoscere. Anche perché vizio tipico del liberali, specialmente anziani, è l’assenza d’una comunicazione efficace, di pubbliche relazioni, insomma del far sapere agli altri con abbondanza di particolari, prima, durante e dopo i fatti. Alcuni, poi, atteggiandosi a Cavour di provincia, come se dovessero intessere chissà quali trame, preferiscono addirittura il segreto.
E tuttavia, riteniamo che commentare anche quell’effimero, clandestino, Convegno, abbia importanza, visto l'attuale fermento del mondo politico e udite anche alcune previsioni e tendenze preannunciate al Convegno (poi puntualmente verificatesi), come nota oggi l’autore in una nota che abbiamo aggiunto in coda al suo commento.
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“Dar voce politica ai Liberali la vera chiave per le riforme”, era il tema del Convegno dei liberali indipendenti tenutosi il 21 luglio a Roma, nella Sala delle Colonne della Camera dei Deputati. Un bel fulmine a ciel sereno in piena estate.
In apertura dei lavori intervento di presentazione di Pietro Paganini, del nostro Coordinamento per l’unificazione dei liberali. Un giovane-immagine al tavolo della Presidenza, tra tanti settantenni e sessantenni, porta in sala un po’ di speranza.
Il programma prevedeva la sessione “Un vuoto da riempire”, con interventi di Stefano de Luca (segr. PLI), Roberto Einaudi (pres. Fondazione Einaudi) e Raffaello Morelli (pres. Fed. Liberali e membro del nostro Comitato). Nella sessione “Per un ricambio della classe dirigente” erano in programma interventi di Luca Bolognini, Nicoletta Casiraghi, Edoardo Croci, Vincenzo Olita, Gianfranco Passalacqua, Enrico Saponaro, Massimo Teodori, Fabiana Tenerelli. Sotto il titolo “Irrobustire nella Costituzione i principi di libertà” si leggevano i nomi di Luigi Compagna (sen. PDL), Sandro Gozi (dep. PD), Paolo Guzzanti (dep. PLI), Andrea Marcucci (sen. PD), Enrico Musso (sen. PDL, Enzo Palumbo (pres. C.N. del PLI), Carlo Scognamiglio (ex pres. Senato), Giuseppe Vegas (vice ministro Economia), Gianni Vernetti (dep. API). Sulla “Sfida internazionale” c’era l’intervento di Kirjas, segr. Liberal International.
Lo scopo finale accennato nel programma era quello di “Tracciare possibili percorsi di politiche liberali condivise” dai più diversi settori liberali. Per “elaborare insieme una politica liberale per fare i cambiamenti necessari”, insomma, le tanto attese e mai realizzate Riforme.
Forse è per questo che abbondavano i politici di professione, molti dei quali poco noti.
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Ma consentitemi di partire dal un piccolo, incolpevole Convegno come pretesto polemico per alzare il tiro sul problema in generale. Non si ripete sempre che questa classe politica non è liberale, che ha pochissimi esponenti liberali, e che la società civile è molto più liberale? Non si dice da sempre che Camera e Senato non rappresentano la società italiana, ma solo la partitocrazia, cioè il Regime con i suoi privilegi di casta? La politica non è un incontro tra politici e politicanti “amici” che si telefonano o si incontrano, magari alla “buvette” o nel “Transatlantico” della Camera. E allora, perché, gira e rigira, attingere sempre al Parlamento, che più di tanto evidentemente non può dare?
E' la solita tendenza, anche e soprattutto dei Liberali (compresi repubblicani e radicali, specialmente Pannella), di partire "dall'alto", dai soliti addetti ai lavori, da "chi già c'è" a qualunque titolo nelle stanze dei bottoni, insomma della pseudo-elite dei professionisti o dilettanti della politica, alcuni dei quali sono ormai incalliti, lenti e testardi 70nni. E dopotutto non sono proprio loro i colpevoli di questo stato di cose, a cominciare dalla mancata diffusione del liberalismo in Italia?
Al contrario, i veri liberali, quelli d'un tempo, non si ritenevano tutti dei "piccoli Cavour", per i loro intrighi quasi sempre inutili, come fanno i nostri liberali di provincia. Ma partivano dal basso, cioè dalla gente, dal popolo, facevano paziente, quotidiana, opera di pedagogia sociale, di divulgazione di massa, di educazione civile e morale (e perfino scolastica) degli Italiani. E anziché Convegni o, peggio, riunioni riservate "a quattr'occhi" in salotti, bar e ristoranti privati o del Parlamento, convocavano i cittadini di interi quartieri o città in piazze, cortili o palestre. Oggi, poi, sarebbe anche più facile con internet. Ma i liberali di oggi (e anche questo è un segno che ormai non sono più progressisti come nell'800, ma conservatori e passatisti) non amano internet e le tecnologie.
Che differenza tra gli ambigui pourparler da Machiavelli in sedicesimo e i coraggiosi Stati Generali per rifondare completamente - partendo dai cittadini - una mentalità, una coscienza liberale che in Italia manca tuttora. Altro che andare al Governo! Altro che insinuarsi all'improvviso, senza aver mai fatto nulla per 20, 30 o 50 anni, in una crisi politica o in una tornata elettorale, come un qualunque Partito della Bistecca! Per fare poi, anche se si fosse eletti - sarebbe inevitabile - proprio le stesse cose...
NICO VALERIO
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Ma ora torniamo al Convegno. Ecco il commento di Guido Di Massimo che ha seguito per “Liberali Italiani” la giornata del Convegno. Va notato che è stato scritto il giorno dopo, 22 luglio. Segue un breve aggiornamento dello stesso autore (21 settembre):
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"Organizzato da Pietro Paganini in un periodo poco ideale per le riunioni politiche, si è svolto a Roma, in via Poli 13, una delle tante (troppe?) sedi a disposizione del Parlamento, un convegno sul “dar voce politica ai liberali”.
Secondo un malvezzo che sarebbe opportuno estirpare la riunione è iniziata con mezz'ora di ritardo ma, contrariamente a un certo pessimismo sulla riuscita di un convegno fissato in un periodo così poco adatto, la sala si è riempita completamente: 80-90 liberali che si riuniscono in un tale periodo è un successo.
La varietà delle voci e delle considerazioni avanzate hanno dato al convegno una positiva richezza di contenuti. Accanto a quelle strettamente politiche ci sono state osservazioni e proposte estremamente concrete (tra l'altro l'auspicabile pubblicazione su ogni giornale della composizione azionaria della sua proprietà).
È stata sottolineata l'anomalia dell'Italia, unico paese in Europa dove i liberali sono assenti; cosa osservata anche da Emil Kirjas, segretario generale di Liberal International, che auspicando una riunificazione dei liberali ha assicurato il proprio appoggio all'operazione.
Si è auspicata anche la fine dei liberali presi “a noleggio” dai partiti di massa per farne elementi di decoro ma da tenere in disparte in un Parlamento ridotto a qualcosa di molto peggio di “un'aula sorda e grigia”.
Si è parlato della necessità di una riforma elettorale e del referendum in via di organizzazione per tornare al pur deprecato “mattarellum”, che per quanto deprecabile era tuttavia migliore del sistema elettorale attuale.
Si è parlato del liberalismo non più come scelta ma come “necessità”, e c'è chi ha osservato che le nuove generazioni saranno “di necessità” liberali. Si è parlato quindi di liberalismo non come “revanscismo” del vecchio PLI ma come soggetto politico che guarda al futuro.
Si è parlato di un Paese ingessato, che non si muove in nessun campo, non solo in quello economico, di un bipolarismo dove in entrambi i poli non si fa politica – uno condizionato dalla Lega e l'altro che insegue Di Pietro che a sua volta insegue Beppe Grillo – con il risultato che in Italia la politica è assente. Si è parlato della necessità di “destrutturare” l'attuale sistema politico per crearne uno nuovo.
Si è parlato del non aver capito, nel '92, quello che stava accadendo e che ora è il tempo invece di prepararsi a quello che avverrà a breve.
E due considerazioni sono scaturite e riecheggiate da più parti pur con toni e registri diversi. La prima è che abbiamo di fronte una crisi politica grave e che siamo alla vigilia di un periodo di rottura; la seconda è che proprio per questo abbiamo bisogno di attrezzarci con un soggetto politico autonomo.
E si è accennato anche alla costituzione di un gruppo di lavoro che si occupi della riunificazione dei liberali. Queste considerazioni sono venute da persone di sfumature politiche diverse e forse opposte.
Chissà se – dopo tanti tentativi – è la volta buona che i liberali mettano da parte i loro eterni distinguo per riunirsi e realizzare finalmente una propria casa comune a tutti i liberali d'Itali.
GUIDO DI MASSIMO
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“Forse vale la pena di sottolineare due punti che visti a distanza di mesi si sono rivelati di una certa consistenza:
- nel Convegno, il Pli confermò la sua decisione, cercando alleati, di organizzare una raccoltra di firme per l'abrogazione del "porcellum" [il sistema elettorale oggi in vigore, sintesi da “Mattarellum”, il precedente sistema inventato dall’on.Mattarella, e “porcata”, per ammissione del leghista Calderoli, NdR]; ora sono in molti a muoversi nella stessa linea.
- sempre nel Convegno si affermò che si era alla vigilia di una crisi politica grave ed alla vigilia di un periodo di rottura; mi sembra che la previsione si sia avverata (o quasi) (gdm).

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