6 febbraio 2010

 

Per una teoria liberale di Governo: Europa, laicità, mobilità, regole di mercato

Un bel manifesto-programma liberale, che può valere per tutti i liberali, anche quelli immemori che hanno dimenticato l'abc del Liberalismo, con la scusa che sarebbe "una idea moderata" e che perciò non richiederebbe né idee, né programmi, né memoria, né spirito critico, né intelligenza, è stato nei giorni scorsi stilato da Critica Liberale e dal neonato Forum Liberal-Democratico per l’Economia e le Riforme (Folder). Lo condividiamo e lo presentiamo qui di seguito.
Ma chi sono i firmatari? Ben nota è Critica, animata da anni da Enzo Marzo, poco noto è Folder, un nuovo pensatoio di giovani intellettuali organizzato da Massimo Donadi e Sandro Trento nell'intento, non si sa quanto possibile, di corroborare con idee forti, giuste e presentabili, il composito e ideologicamente confuso partito di IDV (Italia dei Valori).
Un manifesto che suggerisce quattro filoni di pensiero pratico per una nuova teoria liberale di Governo, adattissimo sia a chi sta all'opposizione, sia a chi sta al Governo. E che sia indirizzato come "lettera aperta" o appello a IDV, è quasi secondario. Certo, Di Pietro farebbe bene a impararlo a memoria e a metterlo in pratica, se ne è capace, se vuole che la sua opposizione perda quel carattere così erratico, sanguigno e.populistico che piace tanto ai vignettisti, per assumere la sostanza e il tono di una organica e seria posizione davvero liberale. Ma gli stessi "veri liberali" di lunga data che ironizzano su Di Pietro, sono sicuri di aver fatto il loro dovere di liberali e di non essere i veri colpevoli dell'attuale stato di cose in Italia? Altro che Berlusconi. La politica, come la fisica, insegna che ogni vuoto va riempito. E' indubbio che se i liberali italiani lo avessero voluto, non ci sarebbe stato il quindicennio berlusconiano, oggi i liberali sarebbero uniti, e anzi costituirebbero addirittura la maggioranza della classe politica e di Governo, così come sono - non per merito proprio - maggioranza silenziosa, troppo silenziosa, nel Paese.
Per questi motivi, riteniamo una interessantissima novità l'elaborazione teorica (ma di Governo) stilata da Folder-Critica. Facciamo finta che non sia indirizzata come lettera aperta al congresso di IDV. Prendiamola come un appello a tutti i Liberali. Una "scaletta" di idee di base che permetterà - ne siamo convinti - a molti "liberali" di aggiornare o ripassare l'abc del Liberalismo, e che dimostra intanto la praticabilità e assoluta modernità dell'alternativa liberale nella vita politica di ogni giorno. E poi, anche per la "comunicazione", potrebbe valere da vademecum intellettuale del buon "liberale organizzato", sempre a corto nei club o partiti in cui opera di mezzi di diffusione e persuasione "di massa". (NV).
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QUATTRO IDEE LIBERALI PER L’ALTERNATIVA DI GOVERNO*
Da anni è in corso una vera usurpazione dell’idea liberale da parte della destra italiana al governo. La cultura liberale e democratica deve far sentire la sua voce. La democrazia liberale è limitazione del potere, certezza del diritto, centralità del conflitto regolato, rispetto delle regole del gioco, pluralità delle fonti d’informazione, concorrenza e poliarchia economica, laicità. Una moderna democrazia liberale rifiuta ogni pur larvata rivalutazione del passato totalitario e antieuropeo o di quello premoderno e antirisorgimentale della nostra storia. La Grande Crisi economico-finanziaria può rappresentare una ulteriore minaccia in quanto sull’onda degli eccessi della finanza e dei fallimenti dei regolatori dei mercati si sta rimettendo in discussione la fiducia nel mercato come istituzione. La destra populista che è al governo in Italia è molto distante dai principi del liberalismo: si tratta infatti di forze che facendo leva sul regime di monopolio dell’informazione governano nel prevalente interesse personale del capo e dei suoi sodali, stanno stravolgendo il governo delle leggi e ogni regola del gioco democratico, deformando a proprio vantaggio le norme stesse del patto costituzionale, mettendo in causa i valori etico-politici fondamentali su cui la Repubblica venne rifondata dopo la catastrofe fascista, costruendo per le giovani generazioni un futuro di degrado civile, di dequalificazione e di precarietà. Il risultato è la disfatta morale, sociale ed economica, un paese in declino e screditato all’estero.
Ma anche nel centro-sinistra manca una solida condivisione di alcuni principi base di impostazione liberal-democratica, indispensabili per garantire che l’Italia non prenda una deriva autoritaria o di declino economico e morale. Ci sembra allora necessario ripartire da quattro priorità per costruire una alternativa di governo.
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1. Investire sull’Europa. Chiediamo innanzitutto di rimettere al centro dell’agenda politica l’impegno per la costruzione di quella "unione sempre più stretta" che i padri fondatori dell’Europa vollero iscrivere nel preambolo al Trattato di Roma. L’Italia si è rivelata sempre decisiva per far avanzare il processo di integrazione e per mantenere aperta la prospettiva federalista. Questa spinta è venuta meno proprio ora che la sopravvivenza politica dell’Europa nel mondo globalizzato è legata alla sua capacità di parlare sulla scena internazionale con una voce unitaria, forte di una legittimazione democratica diretta. Occorre rispondere colpo su colpo alla demagogia antieuropea e non arrendersi alla prospettiva di un’Europa senza ambizioni. Anche sul piano interno, è prioritario adeguare il paese agli standard europei soprattutto nel campo dell’istruzione, dei servizi, delle infrastrutture, ma anche su quello del grado di corruzione (le classifiche internazionali infatti ci collocano tra i paesi a maggiore diffusione della corruzione).
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2. Riaffermare la laicità dello Stato. Negli ultimi anni si è assistito a un vero e proprio arretramento del principio di laicità dello Stato. Su temi fondamentali per le libertà dei cittadini, si pensi alla fecondazione assistita, alle decisioni circa le modalità con le quali interrompere cure che artificiosamente prolungano uno stato di coma irreversibile, oppure ai temi del pluralismo religioso nelle scuole, e così via, si è avuto un vero attacco alla laicità dello Stato, senza che si levasse con forza la voce del centro-sinistra. Chiediamo un impegno solenne e iniziative concrete volte a instaurare piena libertà di opinione, religiosa, di scienza e di coscienza. In regime di separazione tutte le istituzioni pubbliche devono essere neutrali, garantire pari dignità ad ogni convinzione in materia di fede, sopprimere ogni privilegio. Devono tutelare, contro ogni tentazione oscurantista, la libertà della ricerca scientifica, primo motore dello sviluppo. Chiediamo l’abolizione di tutti i divieti e di tutte le discriminazioni giuridiche contro identità, comportamenti o stili di vita basati su pregiudiziali di carattere religioso. In una società sempre più secolarizzata e multireligiosa una politica di integrazione fondata sulla laicità (oltre che ovviamente su adeguate politiche sociali) è la sola garanzia contro la minaccia di trasformare il paese in un assemblaggio di comunità fondamentaliste e settarie, ostili fra loro e unite soltanto nella pretesa di limitare le libertà. Il rafforzamento dell’istruzione pubblica e laica (e l’introduzione reale dell’educazione civica nelle scuole) deve avere come primo obiettivo la formazione alla cittadinanza democratica degli italiani, oggi drammaticamente assente.
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3. Attivare la mobilità sociale. L’Italia di questi anni è divenuta una dei paesi dell’Unione europea socialmente più statico e incapace di esprimere ed utilizzare le proprie energie potenziali. Settori sempre più ampi di giovani, donne, immigrati, anziani, e la popolazione di intere aree del Mezzogiorno, rischiano di rimanere esclusi o di venire espulsi dal mondo del lavoro e quindi dalla pienezza dei diritti di cittadinanza. Una politica liberale della flessibilità deve essere uno strumento della mobilità sociale, capace di moltiplicare le occasioni e garantire a ciascuno uguaglianza di opportunità e di punti di partenza, anziché divenire l’anticamera del precariato nel lavoro e della marginalizzazione nella società. Deve favorire il riconoscimento dei talenti e dei meriti, il libero espandersi delle potenzialità e della creatività di ogni individuo, l’accesso all’istruzione e alla conoscenza come strumento principale di progresso economico, sociale, civile. Una politica liberale dello sviluppo deve proporsi prioritariamente la lotta contro la criminalità organizzata che impedisce in ampie aree del paese il libero dispiegarsi delle energie economiche, e l’ abbattimento delle barriere neoprotezionistiche e neocorporative nel mondo delle imprese e delle professioni.
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4. Libertà economica e concorrenza. In vaste aree del Paese categorie sociali dinamiche e legate alle imprese e al lavoro autonomo hanno creduto, in questi anni, che scegliendo la destra berlusconiana si sarebbe aperta, in Italia, una stagione di semplificazione, di rafforzamento delle libertà economiche, di maggiore attenzione per le esigenze delle imprese e del mercato. In realtà, la destra italiana intende la libertà economica come sdoganamento dell’assenza di regole: maggiore tolleranza per l’evasione fiscale (scudo fiscale); minore attenzione per le norme urbanistiche etc. Manca nella destra italiana l’idea che il mercato per funzionare in modo efficiente richieda regole a tutela della concorrenza e della certezza del diritto. D’altro lato, vi è nella destra italiana anche una forte anima anti-mercato, di vera nostalgia per l’intervento pubblico a pioggia: si pensi alla Banca del Sud, o all’idea che lo Stato possa d’imperio ripristinare il posto fisso per tutti o il rifiuto della globalizzazione.
Ma anche nel centrosinistra non mancano posizioni velleitarie di stampo statalista e la vecchia idea del "tassa e spendi".
E’ allora indispensabile riaffermare la necessità di regole che orientino i comportamenti degli operatori verso una maggiore concorrenza sui mercati, verso una riduzione degli sprechi dell’intervento pubblico. Va ricostruito un programma di liberalizzazioni e di apertura dei mercati, anche in settori nei quali tradizionalmente non si è utilizzata la concorrenza come molti servizi pubblici.
Noi, tuttavia, siamo consapevoli che, dopo mezzo secolo di faticoso e a tratti incerto apprendistato della democrazia e un quindicennio di imbarbarimento, un’efficace politica riformatrice non richieda soltanto un buon programma di governo, ma che si ponga anche mano a una ricostruzione civile del Paese, alla creazione di nuove classi dirigenti, a un nuovo inizio che abbia come punto di partenza la riscoperta del valore della libertà.
Pensiamo che il Congresso Nazionale di Italia dei Valori sia un momento fondamentale per dare avvio a questo processo.
FOLDER (Forum Liberal-Democratico per l’Economia e le Riforme)
FCL (Fondazione Critica Liberale)
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* Lettera aperta ai delegati al Congresso Nazionale di Italia dei Valori. Le sottolineature sono nostre.

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