20 aprile 2006
Vivona: "Non serve un partito liberale, ma cose davvero liberali"
E’ vero ! Ho creduto che fosse possibile il sorgere dal basso di un movimento liberale. Per circa quattro anni, con pochi coraggiosi amici di Liberalitalia, abbiamo girato la penisola, intrattenuto relazioni con circoli liberali, movimenti locali, liste civiche. A tutti proponevamo uno sforzo comune per far nascere un movimento liberale nuovo che iniziasse il cammino dell’alternativa agli schieramenti di destra e di sinistra. Era il dicembre 2003 quando da Bergamo lanciammo l’idea degli “Stati Generali Liberali”, poi miseramente fallita per l’incapacità dei più di guardare lontano. Anche chi condivideva astrattamente il proposito, non ha saputo resistere alla fregola dei vari appuntamenti elettorali o agli specchietti per le allodole di qualche furbetto che chiamava a raccolta dentro questo o quello schieramento.
Non sapremo mai se era già tardi tre anni fa. Da parte mia so, però, che è tardi oggi. Non tanto perché gli ex DC sono di gran lunga più avanti di noi: tutti noi abbiamo sentito Buttiglione stigmatizzare a “Porta a Porta” i “fanatici del “bipolarismo”. Ma non è questa la ragione principale. La vera ragione sulla quale tutti dobbiamo interrogarci non è neppure l’ormai consolidata incomunicabilità tra portatori di forme diverse del pensiero liberale. E’, invece, la possibilità, o meno, di affrontare le sfide della società odierna dietro vessilli ideologici: quello “liberale” compreso. Forse è ancora vero che una società in cui siano stati assimilati ed applicati valori ed idee liberali si troverebbe avvantaggiata nel risolvere i problemi che la stanno emarginando dal contesto internazionale e la stanno precipitando sempre più in basso in tutte le classifiche dei paesi maggiormente virtuosi. Ma la domanda che dobbiamo porci è: possiamo permetterci lunghe, defatiganti e improbabili battaglie di civiltà, mentre tutti i nostri problemi richiedono, qui ed ora, interventi immediati, oltre che efficaci ? Non credo.
Quando un aereo precipita per un cedimento strutturale, l’ultima cosa cui pensano i suoi occupanti è di discutere delle scelte tecniche dei progettisti. Perché dovremmo noi comportarci diversamente ? Abbiamo assistito ad una campagna elettorale in cui i due schieramenti si rinfacciavano reciprocamente le proprie colpe (accidenti, quante ne hanno !), si accapigliavano sulla precedenza da dare ai “bonus bebè” piuttosto che ai “pacs”, giocavano a chi la sparava più grossa sulle tasse. Mentre i nostri politici erano in queste faccende affaccendati, un servizio televisivo ci ricordava che ogni anno i dodicimila migliori cervelli (per lo più giovani) prendono la strada dell’estero, perché in Italia i ricercatori vengono umiliati nel loro lavoro e nelle loro aspettative. Questo è un problema da risolvere qui ed ora, senza attendere che la nostra società acquisisca (se mai l’acquisirà) una civiltà liberale o anche solo una cultura economica liberale. Se avessi sentito anche un solo partito affermare la volontà di invertire la tendenza e bloccare la fuga dei migliori cervelli o, magari, di cominciare seriamente a riportare in Italia quelli che già sono all’estero, allora sarei corso a votare. Anche infischiandomene se quel partito stava con Berlusconi o con Prodi. Anche infischiandomene dei “Pacs” o dei “bonus bebè” che pure hanno una loro qualche importanza, ma non certo per risolvere le emergenze di questo paese.
Nel presente e nell’immediato futuro non c’è alcun bisogno di un partito che faccia manifesti liberali o laici; c’è bisogno di un partito che sappia proporsi per fare concretamente le cose di cui il l’Italia ha bisogno qui ed ora.
VITTORIO VIVONA
Ma l'esigenza d'un soggetto unico dei Liberali Italiani resta, anzi, confermata più che mai.
Il problema delle priorità delle riforme economiche poi è un falso problema. In 5 anni di governo come si fa a non trovare il tempo per approvare(per esempio) i Pacs?
Se un politico in 5 anni non è in grado di fare entrambe le cose, dovrebbe cambiare lavoro, per il bene suo e nostro.
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