21 novembre 2007

 

Cavaliere, mi consenta, ma così lei lascia spazio a una terza forza liberale

Ci sono trentenni vecchi e settantenni giovani. E noi liberali preferiamo di gran lunga i secondi. Visto che il liberalismo vuole il coraggio giovanile delle novità, la saldezza degli ideali, ma anche la conoscenza delle regole e la saggezza d’una personalità forte.
Ebbene, il salutista Silvio Berlusconi appartiene senza dubbio alla seconda schiera. Per quanto come politico sia solo l’ombra dell’industriale. Proprio perché del tipico imprenditore italiano, abituato a barcamenarsi tra amici e Partiti per carpirne i favori in un’economia poco liberale e in un Paese che non ama il merito, il Cavaliere conserva l’utilitarismo agnostico, la mancanza di ideali e la continua ricerca del consenso (la risposta del "mercato"). Questo, però, non solo l'opposizione degli alleati, gli ha finora impedito ogni scelta economica e politica - le famose riforme liberali - perché ogni scelta potrebbe rivelarsi impopolare per una fetta di "audience".
Come liberali, molti di noi salutarono con entusiasmo nel dicembre del ’94 il "manifesto" liberale e liberista che accompagnò la nascita di Forza Italia, salvo capire subito che di liberale quel partito o anti-partito aveva poco o nulla, tranne pochi uomini votati al silenzio e alla poltrona, come ha detto il segretario del PLI, De Luca. Perché si sa, scriveva Manzoni a proposito di don Abbondio, "uno il coraggio non se lo può dare". Però l’illusione, la provocazione, c’era, e ingannò perfino i furbissimi Radicali.
Oggi, invece, dopo l’annuncio di Berlusconi d’un Partito Popolare Italiano o d’un Partito del Popolo della Libertà, dopo anni di politica conservatrice e clericale di FI e del Centro-Destra, noi Liberali non possiamo più illuderci.
Nel frattempo Berlusconi ha imparato qualcosa, come dimostra l’altroieri l’adesione di FI al gruppo dei Popolari Europei, e oggi il suo annunciato Partito Popolare: che "cattolico" o "popolare" non è, non può mai essere, sinonimo di "liberale". Mentre, per inciso, Marco Pannella non ha ancora capito che "liberale" non è sinonimo di "socialista".
Berlusconi, quindi, non volendo, apre spazi nuovi e prima impensati ai Liberali. Prima di lui ci aveva "favorito" Veltroni, credendo di danneggiarci con l’esclusione dal Partito Democratico di Radicali e liberali di sinistra (Marzo e Morelli hanno sconsigliato di andare a votare il plebiscito), ma in realtà lasciando sul Centro-Sinistra un'ampio spazio vuoto che i liberali potrebbero riempire.
Ora, ci pensa Berlusconi ad offrirci, contro la sua volontà, uno spazio libero sul Centro-Destra, visto che chiaramente il Partito del Popolo della Libertà nasce per smarcarsi dai "lacci e lacciuoli" delle forze stataliste e corporative dirette da Fini, Casini e Bossi, ma non certo per essere un grande Partito Liberale di massa. Come tutti i conservatori, sarà per il mercato libero e meno Stato, ma non per la laicità dello Stato, per i diritti civili, per i nuovi diritti. Del resto, il nome stesso, l’adesione certa ai Popolari anziché ai Liberali Europei, perfino i colloqui preliminari col segretario di Stato del Vaticano, Bertone, e col cardinale Ruini, la stessa antropologia della sua base elettorale, i quadri di FI, quasi tutti ex Dc, con una piccola quota ex Psi, e con i liberali emarginati, lo dimostrano ampiamente.
Esiste, perciò, un’ampio spazio libero tra i due futuri poli non liberali del bipartitismo imperfetto che si va delineando, scimmiottatura all’italiana di quello vero americano dove però entrambi i poli sono liberali. E i liberali italiani, ormai dati ad oltre il 30 per cento da tutti i sondaggi sui problemi concreti e non sulle sigle di partito, potrebbero riempire questo vuoto al Centro costituendo un poderoso terzo polo o partito vincente. Sarebbero, senza fare nulla, il primo partito italiano.
I numeri ci sono già, e da anni. Ora, con i "nuovi" Berlusconi e Veltroni, il superamento del bipolarismo, le tentazioni proporzionaliste, la tendenza al bipartitismo imperfetto, rendono finalmente possibile anche nella pratica questo grande disegno liberale.
Non ci sono le teste, però. Perché né la primadonna Pannella, mezz'ala fantasista essenziale alla squadra liberale, si unirebbe mai ad uno schieramento "solo" liberale, sia pure da 35 per cento; né le primedonne liberali di cosiddette Destra e Sinistra si fiderebbero mai del machiavellico leader radicale. Abituato com’è, quest'ultimo, a fare il corsaro tra i poli del bipolarismo da lui voluto e ora contestato solo a parole, in un movimentismo esibizionista, megalomane e inconcludente, dietro cui si cela l’inconfessato desiderio di restare sempre all’1 per cento (basti pensare solo alle altissime tasse di iscrizione!), per poter controllare - sostiene qualcuno - le emergenti nuove leve radicali che potrebbero fare ombra e attentare alla leadership. Anche se nessuno gli vieterebbe di continuare a fare il "creativo" anche in una grande formazione "All Liberal" da 35 per cento, che sarebbe l'anima d'un Governo liberale (con Pannella vice primo ministro, sicuro).
Ma è come la ricottella della favola. Né, d'altra parte, Martino, Biondi, Costa, Sterpa e Zanone, né Segni, Debenedetti, Ossorio, Morando e D’Amico, p.es., si unirebbero tra loro e-o con Pannella, visto il particolarismo, l’individualismo sfrenato e incosciente, la psicopatologia caratteriale, il pessimismo leopardiano dei politici liberali tutti.
E perciò finora i liberali hanno scelto di non scegliere, di non contare, di non credere fino in fondo alla forza e alla vittoria anche elettorale del Liberalismo, che invece ha vinto e stravinto in tutto l’Occidente. E perciò hanno scelto di stare in tutti i partiti. Cioè di non esistere.
Ma ora, grazie ai furbi Berlusconi e Veltroni, entrambi non liberali, che hanno aperto la partita al tavolo verde gettando due carte deboli, a noi liberali cade dal cielo un'insperata possibilità, quella di gettare l’asso che abbiamo in mano. Che aspettiamo?

Comments:
Perfetto. L'articolo è insieme speranzoso e impietoso. Tra i due nuovi poli bipartitici, poco democratici e poco liberali, è vero, ci sarebbe molto spazio per i liberali. Ma lo capiranno i nostri?
 
Sono d'accordo con te. In fondo la coppia populista e non liberale Veltrusconi ci aiuta. Ma se poi noi liberali di tutte le varie etnie non ci unifichiamo?
 
Mary, guarda che non devi immaginare necessariamente una grande Convenzione all'americana, appunto gli Stati Generali che noi del Coordinamento abbiamo ipotizzato come meta finale. Ci possono essere, in alternativa, anche piccoli passi successivi. Per esempio, oggi sento da Radio Radicale che Bordon, D'Amico ed altri si aggregano con i liberaldemocratici di Segni. Ecco un piccolo segno positivo. La tendenza, almeno, è quella giusta: aggregarsi. Basta con le suddivisione.
Sai che ti dico al massimo del realismo? Che mi basterebbe che entro 2-4 anni si aggregassero tutti i liberali del Centro-Destra in un unico gruppo (uscendo ovviamente dai rispettivi partiti non liberali), e lo stesso facessero quelli del Centro-Sinistra. Poi si vedrebbe.
Allora, certo, entrambi i gruppi, più i liberali terzisti, potrebbero organizzare gli Stati Generali per rivolgersi ai cittadini.
Anche perché il Parlamento, ricordiamolo, non esaurisce tutte le possibilità liberali del Paese: molti liberali, ahimé, non vanno più a votare. Bisognerebbe ripescarli con un grande Progetto unitario. Allora, sì, tornerebbero.
 
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Ma Nico, io rifletto sull'unità dei liberali a cui stavo partecipando con speranza. Rifletto sull'unità dei liberali sotto l'egida di.... di... eh, dimmelo tu il nome che ci possa rappresentare e di cui essere fieri.
Non so: Morelli, che caccia via uno perché non ha le sue stesse idee? I LpI, che vantano esponenti con braccia ribelli da Dr. Stranamore? Il PLI, fatto di vecchie cariatidi che parlano male del governo (sai lo sforzo...) e mai hanno fatto accenno a un solo problema giornaliero degli italiani? gente che sa solo ragionare in termini di potere, di "chi ha fatto cosa", comari da telenovelle che spendono fiumi di parole per non dire nulla.
- "Se vogliamo saltar fuori da questa arretratezza, dobbiamo puntare sull'istruzione, sulla cultura, sulla formazione, sulla ricerca"
- "Non siamo mica un circolo culturale" mi fu risposto da un esponente "che conta". E io devo mescolarmi con questi zucconi? (vorrei dire altro, ma evitiamo offese). Sulla cultura puntava Cavour e ancor più Einaudi. Ora ditemi quanto ci sia di liberale nel PLI!

Oppure Dini? Lui liberale? E da quando? Io sapevo che i liberali votassero contro statalismo e fisco pesante. Dini non ha fatto nulla di tutto questo.

Capezzone con le sue iniziative popolari: chi è in parlamento, io o lui? E allora perché invece di rivolgersi a me non porta i suoi n punti in parlamento? Glieli bocciano, ma un liberale ci prova! E comunque un sasso è lanciato.

No, Nico, con questa gente perdi tempo e basta. I liberali è un popolo difficile, non solo non è pecora bensì lupo solitario, ma per giunta del lupo ha il naso attento e oltremodo sensibile: fiuta il falso da lontano. E sparisce: ha altro da fare.

Salvatore di Maggio
 
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