5 maggio 2008

 

Pannella non è Pannunzio o Ernesto Rossi, e i Radicali sono diversi dai Liberali

POLITICA ALL'ITALIANA - Nell'articolo precedente si è fatta della leggera, sia pur velenosetta, critica di costume ad un certo modo di cercare il consenso e di imporre la leadership degli amici radicali. Vizi però che - bisogna riconoscerlo per senso di giustizia liberale - sono ormai comuni all'intero mondo politico nelle società di massa, specialmente nella nostra, che non ha avuto la Riforma protestante e quindi una vera rivoluzione liberale. Basta vedere Veltroni e il PD, Berlusconi e FI, Di Pietro e IdV, Bossi e la Lega, Fini e AN. Sempre c'è un capetto che sa imbastire due parole come i venditori di libri (quanto si parla nella politica in Italia!), che se ne infischia della base, degli individui, e "fa politica" in modo personalistico, gigionesco, esibizionistico, alla tv, con dichiarazioni ai giornalisti, magari incontrando i suoi simili al bar (la "buvette"). Perciò perdono di vista la realtà, la gente. E lasciamo stare che la gente potrebbe essere addirittura peggiore di loro, non è questo il punto.
In che cosa, dunque, gli altri politici sono migliori di Pannella e dei Radicali? In nulla, anzi, sono peggiori.
Quindi, per l'uomo saggio, equanime, che giudica sine ira ac studio, senza femminili antipatie e simpatie, ma solo in base alla Ragione e alla Scienza, come dovrebbe essere obbligo di ogni persona colta e specialmente per chi fa la professione dell'intellettuale alla Max Weber (il famoso spirito Freiheit, se ricordo bene), tutto è relativo all'ambiente, storicizzabile, contingente. "Questa è la politica, bellezza!". In una bettola da angiporto inutile citare "Il Cortigiano" di Baldassar Castiglioni o fare della filosofia teoretica.
A noi liberali non piace, però per combatterla dobbiamo prendere atto che la politica è diventata formalità furba, messinscena ad uso e guadagno dei soliti pochi professionisti della politica, finzione, spettacolo, evento mediatico, pettegolezzo tra comari strapagate, con i giornali a far non da spettatori o critici, ma da comparse complici.
E perfino le tante assemblee degli amici Radicali, le cose più vere della politica in Italia, sono pur sempre un mezzo mediatico, un evento per i giornali o per lanciare messaggi politici che siano esca ad altri politici. Dei partecipanti di base, delle centinaia di signor nessuno che affollano (pagando a caro prezzo) queste riunioni, non interessa nulla a nessuno. Tutto è predisposto ad esclusiva utilità dei pochi carrieristi politici di vertice. E la cooptazione amicale e mafiosa è severissima. E d'altra parte nei 7 o 10 minuti consentiti (mentre i Capi parlano per ore) nessuno può dire nulla. Già questa è una macroscopica discriminazione che spiega tutto. Ma questa anormalità gravissima è "normale", cioè è quello che accade sempre e ovunque, tanto più in Italia, perché questi eventi servono solo al leader per i suoi fini, segreti o conclamati. E' così, purtroppo, piaccia o no.
Ecco perché ovunque la gente si allontana dalla politica, perché in Gran Bretagna e Stati Uniti solo il 30-40 per cento dei cittadini va a votare (anzi, da noi è patologico che vi si rechi l'80 per cento), ecco perché nessuno frequenta le sedi dei partiti, perché i politici sono ovunque visti come macchiette ridicole. E se non ne prendiamo atto non mostriamo maturità e senso psicologico della realtà.
LIBERALI E RADICALI - Perciò, almeno per me, se avessi voluto affrontare seriamente il problema delle differenze teoriche, culturali o di metodo tra Radicali e Liberali in Italia, avrei scritto un articolo, anzi un saggio, totalmente diverso, molto severo e con tanto di "op. cit.". Genere, oltretutto a cui sono facilmente portato. Ma a che cosa sarebbe servito? A nulla. Forse al mio narcisimo. No, al mondo politico dei furbetti all'italiana, fa molto più male un leggero articolo di satira. Per fortuna sulla tavolozza della letteratura esistono i più diversi "generi". E in Italia, con la carenza di cultura psicologica, e quindi di humour e ironia, che ci appesantisce, specialmente al Sud, il genere "critica di costume" è molto più efficace e direi intelligente (in quanto incrocia vari piani critici) del serioso saggio accademico o filosofico che qualunque professore o laureato che ha imparato a memoria qualche libro saprebbe più o meno fare.
I Radicali non sono più (o non sono, in realtà, mai stati) davvero liberali? Alla grossa, concordo, io che mi dichiaro "anche radicale" da sempre, con gli amici liberali Lamedica e Ghersi. Forse è vero. Però, nella versatilità della nostra intelligenza, se si è davvero intelligenti c'è spazio anche per il jazz e il naturismo, per gli scacchi e la filosofia buddista, per la gastronomia e la pittura. Che rapporto hanno col Liberalismo? Sarebbe pedante, cioè stupido, chiederselo. Insomma, i Radicali sono, possono essere il pepe che non c'entra niente con la dieta, un'integrazione complementare dello spirito liberale, la scarlattina che "bisogna" avere avuto, quel quid "maudit" e fuori schema consigliato dallo psicanalista, la "coppia aperta" prescritta dal sessuologo, l'indispensabile sfogo di fantasia e creatività para-politica che manca a noi quadrati, sussiegosi, pignoli e superciliosi liberali. Questo, male che vada, nella peggiore delle ipotesi.
Liberali e radicali. L'uovo e la gallina. O forse sbagliamo entrambi, chi può dirlo, chi può far da giudice? Mi viene in mente il tormentone gustosissimo del tipico avvocaticchio del Sud messo in scena dal bravo Fiorello, un vero genio nel suo campo: "Chi siamo noi, signori della Corte, per dire che cosa è bene e che cosa è male?" Ecco, non vorrei che noi liberali Doc, che abbiamo letto Croce ed Einaudi, ma anche Gobetti, Adam Smith, Amartya Sen, Rawls ecc., ma che non siamo stati mai capaci di creare un vero soggetto liberale adeguato all'Occidente liberale da quando esiste la Repubblica, e già nel 45 ci facemmo scippare dai cattolici l'idea d'un grande partito (e oltre la metà della DC era fatta di liberali puri che non sapevano di esserlo), con che faccia ora ci mettiamo a giudicare i fratelli, fratellastri o cugini Radicali, che nonostante attivismo e fantasia che noi ci sognamo, poi al dunque commettono il nostro medesimo errore?
Non sono veri liberali? E perché, il PLI di Malagodi era un vero partito liberale o non piuttosto conservatore? E oggi, che il bipolarismo fa acqua perché propone due minestre ugualmente insipide, che fa l'amico De Luca del simbolico PLI-revival? Niente di niente. E, testardamente, alla Pannella, non segue nessun consiglio, fa di testa sua, ma a differenza di Marco sempre sbagliando.
D'altra parte, anche i nostri vicini di casa non stanno meglio a coerenza ideologica, anzi. Nella caduta culturale che stiamo vivendo, chi bada più alle differenze ideologiche? Sarebbe impietoso, per esempio, confrontare il Partito Democratico di Veltroni e Franceschini con il socialismo di Turati o il popolarismo di Sturzo. Anzi, in qualche modo, sarebbero nobilitati da così elevati confronti.
Ricordo ancora la morta gora conservatrice dell'oggi nostalgicamente osannato vecchio PLI: avevo 20 anni quando ero della Gioventù liberale, ed ero sicuro - e allora leggevo molto Croce - che non rappresentasse degnamento il Liberalismo italiano, né Croce né Einaudi, né Cavour né Giolitti. Perciò me ne fuggii anch'io dai radicali, per cascare dalla padella sulla brace.
Ma Livio Ghersi (v. più avanti) risponde molto seriosamente alla critica di costume antipannelliana mia e di Vallocchia, manifestando però subito la sua completa disistima del politico Pannella (il che è un dato valutativo, non scientifico, direbbe Max Weber, mentre noi qui cerchiamo dati politologici non antipatie), dall'altra cercando i punti razionali di contrasto tra Radicali e Liberali.
Solo in parte si tratta di argomentazioni che condivido, come si legge all'articolo precedente, in gran parte no.
RELATIVISMO - Il relativismo, inteso come rispetto delle idee personali più diverse, perfino le più aberranti (purché queste ultime non si concretino in atti reali penalmente rilevanti) è addirittura il fondamento stesso del Liberalismo, cioè della sua tolleranza per il diverso. Naturalmente non fino al punto da non riconoscere e non propagandare le idee liberali. Che sono bren precise, nient'affatto vaghe e anodine. Ma come habitus mentale, il liberale è abituato all'esercizio del dubbio e della dialettica, quindi non conosce che cosa è la Verità assoluta, a differenza di religioni e filosofie. Insomma, tra Ponzio Pilato e Joshua il Nazareo (che pare voglia dire "il rivoltoso", Nazareth non c'entra, ex L.Cascioli) il liberale era sicuramente il primo. Anche questo fa parte dell'abc liberale.
ANTI-CLERICALISMO - In quanto all'anticlericalismo, i Radicali di oggi non sono affatto estremisti come sostiene Ghersi secondo una vulgata di 30 anni fa. Ma lo sono come i liberali della Destra storica, cioè anticlericali moderati. E invece proprio Ernesto Rossi che Ghersi pone come pietra di paragone fu un terribile e implacabile mangia-preti e anti-Chiesa. Altro che Pannella e i suoi che - da me criticati per questo - si censurano e anziché Chiesa (una parola che non pronunciano mai) dicono "Vaticano". Che è sbagliato. Perché quando il Papa parla di aborto, p.es., parla da Capo della Chiesa, non come capo del Vaticano. Ma i Radicali non ci sentono da questo orecchio: non vogliono passare per anti-Chiesa. Come invece sono io, perché è la gerarchia della Chiesa Cattolica (non la religione, ovviamente, e neanche il Vaticano) il problema.
Sono stati (siamo stati) duri con la Chiesa, certo, non oggi, ma ieri, ai tempi della battaglia sul divorzio dei liberali doc - guarda caso - Mellini (persona buona fatta a pezzi da quella manica di aggressivi, che io elessi a mio nume tutelare) e Baslini, oltre che del socialista Fortuna. Ma oggi hanno perfino ridotto ai minimi termini il sito anticlericali.it.
A proposito di anticlericalismo, da "esperto" del ramo, ricordo a Ghersi (che su questo punto - strano per uno che legge e chiosa Croce - mostra di avere sul significato del termine le stesse idee confuse di tutti), che l'anticlericalismo non è un'ideologia, non può essere preventivo, ma è solo una reazione, si esprime cioè solo quando esiste un...clericalismo. Non sostituisce come estremismo il laicismo, ma lo integra, come dire, nelle "emergenze", quando cioè si manifestassero prepotenze clericali. Perciò l'anticlericalismo è parte integrante del Liberalismo, anche quello più moderato (v. infatti Destra storica), come ho cercato di dimostrare in una Lezione per la Scuola di Liberalismo. E' imbarazzante ricordare queste cosette a un liberale. La storia dimostra che il clericalismo fu più duramente combattuto da Cavour e dai tanti preti liberali del Risorgimento che dal capitiniano Pannella, in questo del tutto "incolpevole". Anzi, Marco e i Radicali arrivano addirittura ad accusare la Chiesa di tradire il proprio stesso messaggio cristiano. In questo senso, la Breccia liberale di Porta Pia ha aiutato la religione cattolica a ritrovare se stessa. Perciò i Radicali potrebbero essere scambiati semmai per "cristiani di base", cattolici del dissenso, o meglio per intransigenti pietisti protestanti, nel filone di Gobetti, Rossi, Rosselli e Giustizia e Libertà (v. il ritratto che feci due anni fa sul Salon Voltaire).
LA RELIGIONE E I RADICALI - I Radicali, infatti, non si dicono assolutamente anti-religione, e anzi se cominci a parlare di ateismo ti zittiscono (v. oltre), anche perché Pannella ha una sua religiosità come ha scritto più volte Angiolo Bandinelli. Del resto era discepolo del rigoroso cattolico non-violento Capitini. Anzi, proprio questo suo afflato, come dire, carismatico-spiritualistico gli viene da me imputato. Come anche la campagna "fame nel mondo" col Papa a piazza S.Pietro 20 anni fa. Non sono pochi i radicali di origine cattolica.
Ma la chicca viene ora. Ricordo che nei lontani anni alternativi (fine 70, inizi 80? dovrei controllare) un mio programma ateista domenicale "C'è, non c'è? Noi diciamo di no" fu spento alla 3. o 4. puntata mentre parlavo al microfono di Radio Radicale, pare su protesta di alcuni cattolici del Partito Radicale, compresa la madre del segretario politico. Ma ebbi sentore anche di proteste dal Vaticano! Insomma un record da Guinness dei Primati il mio: forse l'unico mai censurato dai Radicali. Eppure al massimo facevo parlare un prete spretato e qualcuno della "Giordano Bruno", e leggevamo la "Preghiera dell'Ateo" di Garibaldi. Censurato proprio sulla religione. Ed anzi io feci la sceneggiata pannelliana descrivendo drammaticamente la scena censoria attaccato al microfono.... Che tempi.
NICO VALERIO
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Mi ha divertito il resoconto di Vallocchia, con la constatazione del potere seduttivo di Pannella, che induce ad alzarsi in piedi e ad applaudirlo pure quando, razionalmente, si è convinti che abbia usato un linguaggio oscuro e confuso. Sfortunatamente, faccio parte di quel ristrettissimo numero di italiani che non stimano Marco Pannella come politico, meno che mai come uomo di cultura, e che quindi non ne subiscono in alcun modo il fascino.
Dopo essermi dimesso dal Partito Liberale nel 1977 per qualche anno frequentai, da semplice militante, l’Associazione radicale "Ernesto Rossi" di Messina. Ritengo, con quell’esperienza, di essermi vaccinato per sempre nei confronti di Pannella, del "pannellismo" e dei "pannelliani".
Pannella parla spesso di "Stato di Diritto", ma rivendica il rispetto delle regole soltanto da parte degli altri, mentre personalmente ritiene di essere troppo importante per sacrificare i propri talenti facendosi limitare da regole. Incluse, naturalmente, le regole statutarie di un partito che, pure, vorrebbe essere la quintessenza della democrazia. Il Partito Radicale muta continuamente linea politica e segretario, secondo i cangianti umori e le più o meno felici intuizioni di Pannella. Ricordo che, quando frequentavo l’Associazione radicale di Messina, si parlava di "alternativa di sinistra" contro il malgoverno democristiano e la Democrazia Cristiana veniva abitualmente definita (non da me) "un’associazione a delinquere". Improvvisamente, dalla sera alla mattina, senza che fosse stato convocato un Congresso, la linea politica fu ribaltata: il PR ora si dichiarava disponibile a dare il proprio sostegno ad un Governo a guida democristiana se questo si fosse impegnato ad adottare misure concrete per risolvere il problema della fame nel mondo. Potrei raccontare tanti altri aneddoti come questo; aneddoti che qualcuno oggi potrà trovare divertenti, ma che al tempo non mi divertivano. Anzi, mi indussero a levare il disturbo.
Dalle esperienze si impara. Ad esempio, prima della breve parentesi di militanza radicale, non avevo ben compreso il concetto di demagogia. Una cosa è conoscere il significato di una parola; altra cosa è sperimentarne l’evidenza.
Pannella dice di essere il continuatore ed il fedele interprete del gruppo dei radicali de "Il Mondo"; in realtà, c’è una differenza abissale. Uomini come Mario Pannunzio, o Ernesto Rossi, si sarebbero fatti torturare piuttosto che fare la benchè minima concessione ad idee che ritenevano pericolose, o ad opinioni che non condividevano. Il loro fascino (almeno agli occhi di chi ragiona come me) sta proprio nella loro capacità di sfidare l’impopolarità e di votarsi ad essere in minoranza, pur di testimoniare fedeltà agli ideali in cui credevano. Nessuna concessione agli umori prevalenti, ai gusti "plebei" (uso volutamente questo termine spregiativo, perché il fine di ogni essere umano dovrebbe essere quello di impegnarsi a migliorare sè stesso ed a elevarsi spiritualmente, non di conformarsi a ciò che fanno i più).
Invece Pannella ama la popolarità e vuole essere "popolare". Gioca con le idee: può definirsi contemporaneamente liberale e socialista, radicale e comunista, laico ed autenticamente cristiano, proprio perché non prende sul serio queste parole. Io sono di un’altra scuola: le parole sono importanti e vanno pesate.
C’è una differenza fra pensiero liberale e liberismo economico. Invece, i radicali pannelliani risolvono il liberalismo nel loro essere ultra-liberisti. Tanto da confondersi, o da essere confusi, con gli anarco-capitalisti. C’è una differenza fra chi collega indissolubilmente la liberta individuale alla responsabilità personale (secondo la cultura liberale) e chi invece combatte programmaticamente qualunque "proibizionismo" in nome di una libertà illimitata. La concezione dello "Stato di Diritto" presuppone appunto uno Stato; dunque, qualcosa che va oltre il mero sentimento libertario.
Cosa significa poi l’apologia pannelliana e radicale del "relativismo"? Significa rinunciare al valore della verità. Tutte le opinioni sarebbero egualmente giustificate per il fatto stesso di essere state espresse. Non avrebbe senso distinguere tra bene e male: non c’è bene e non c’è male, ognuno faccia un po’ come gli pare. La scienza, p.es., ci dà un insieme di certezze che sono "stabili"; nel senso che potrebbero essere superate (falsificate) da scoperte scientifiche successive, ma che vanno ritenute valide finché queste scoperte non avvengano. Così se si discute di sostanze stupefacenti, sulla base delle conoscenze scientifiche oggi possedute (e universalmente condivise) si può tranquillamente affermare che l’assunzione di eroina, di cocaina, di droghe sintetiche, eccetera, produce danni, esattamente prevedibili e documentabili, all’organismo. Questi danni non sono "opinioni" di teologi, o di commentatori prevenuti, ma certezze mediche.
Per quanto mi riguarda, non professo alcuna religione; ma apprezzo molto i contenuti etici del Cristianesimo e penso che l’Italia e l’Europa sarebbero infinitamente peggiori di ciò che sono senza la esperienza religiosa cristiana. Probabilmente, se fossi meno ignorante, sarei in grado di apprezzare gli insegnamenti che si possono trarre anche da altre tradizioni religiose.
Le considerazioni che precedono sono sufficienti a fare comprendere che non simpatizzo per, né appoggio alcuna organizzazione che programmaticamente tenda a contrastare l’influenza delle religioni nella società. La libertà di religione, sancita dalla Costituzione, comprende certamente anche la libertà di fare professione di ateismo; ma, personalmente, sono convinto che una buona religione (qual è quella cristiana) faccia bene alla coesione sociale. Gli esseri umani che abbiano risolto il problema della sopravvivenza si accorgono presto di non potersi appagare della ricerca di beni e di godimenti materiali. Resta sempre il dato di una condizione umana precaria ed a termine. Resta sempre il mistero della morte individuale. Di conseguenza, gli esseri umani hanno necessità di trovare un orientamento che li aiuti, insieme, a vivere al meglio e ad affrontare la morte come evento naturale. Questo orientamento può essere conquistato attraverso la filosofia ed una esistenza dedita agli studi; più rapidamente può essere dato dalla condivisione di una tradizione religiosa.
Da liberale mi sento, quindi, di raccomandare un rispetto autentico e sincero nei confronti delle tradizioni religiose, che possono coesistere nella cornice dello Stato laico. La bussola che consente ad un liberale di orientarsi anche rispetto ai comandamenti che vengono dalle autorità religiose (di una stessa o di diverse religioni) è la fedeltà a quanto comanda la propria coscienza individuale; e la coscienza comanda ciò che si ritiene vero (ritorna sempre il valore primario della verità). Quindi, anche l’anticlericalismo rumoroso dei radicali è, dal mio punto di vista, un grave errore.
Per concludere, sono convinto che i liberali italiani — se vogliono risorgere in senso politico — abbiano tutto da guadagnare a prendere nettamente le distanze non tanto dalla persona fisica Pannella (che è poca cosa), quanto dalla cultura, o incultura, che i Radicali hanno espresso ed esprimono. Bisogna nettamente differenziarsi, non confondersi con loro. Di conseguenza, penso che l’amico Raffaello Morelli avrebbe fatto meglio a non andare a Chianciano; così come avrebbe fatto meglio a non fare alcuna proposta, per quanto paradossale e provocatoria.
Percorriamo la nostra via; stretta, difficile. Cerchiamo di avere fiducia in noi stessi e nelle nostre idee. Le scorciatoie ci portano in strade che non sono le nostre, dove ci smarriremmo, dove ci siamo già smarriti.
LIVIO GHERSI

Comments:
Interessante tutto, specialmente la dove si dimostra che alla fin fine i radicali, se cattolici, sono gli ...unici veri cattolici!
 
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