24 settembre 2009

 

Meglio tardi che mai. I repubblicani perdono la pazienza sulle mancate riforme

La lettera che oggi il leader repubblicano Giorgio La Malfa ha indirizzato al Corriere della Sera annunciando il distacco definitivo dei repubblicani dal Governo e dall'area di Centro-destra, fa piacere a tutti i liberali perché arriva dopo mesi di malessere di fronte alla patente inadeguatezza di questo Governo populista e parolaio, quanto inconcludente sulle vere riforme che potrebbero avvicinare l'Italia all'Europa. Altro che Gheddafi e Putin. E' lo stesso La Malfa ad elencare alcuni dei più gravi motivi di dissenso: le mancate riforme (dalla Pubblica Amministrazione alle Province), la cattiva politica economica, la scarsa laicità dello Stato, la ambigua politica estera, e così via. Siamo lieti che anche La Malfa stia meditando ora sul "modo nel quale realizzare nel Paese la svolta politica indispensabile per fermare il declino italiano che dura da quindici anni", e ci illudiamo che voglia innanzitutto pensare a confluire in un nuovo, grande soggetto unico liberale, critico verso Destra e verso Sinistra, capace di fare le riforme strutturali che ancora mancano al nostro Paese. Un soggetto del genere, se fosse coeso e comprendesse anche i radicali, darebbe del filo da torcere alla partitocrazia dominante e potrebbe addirittura aspirare ad essere il secondo o terzo partito d'Italia. Riportiamo qui di seguito la lettera di La Malfa (Nico Valerio).
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Caro Direttore, lo scorso 4 settembre ho inviato al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi una lunga lettera per illustrare le ragioni del mio disagio nei confronti soprattutto della politica economica del Governo, tanto più in questa difficile crisi mondiale. Proprio la politica economica era stata, all’indomani dell’ingresso dell’Italia nell’euro, uno dei motivi determinanti che mi indussero a proporre al PRI di lasciare la coalizione di centrosinistra e di entrare nella coalizione guidata da Berlusconi. L’ingresso nell’euro rendeva indispensabile e urgente una profonda svolta nella politica economica italiana perché con l’euro non sarebbe stato più possibile tutelare la competitività industriale del Paese attraverso periodiche svalutazioni del cambio della lira con cui si coprivano le nostre debolezze strutturali.Le due linee portanti del programma del centrodestra erano la riduzione della pressione fiscale e le liberalizzazioni. Viste le dimensioni del debito pubblico la riduzione delle imposte presupponeva una decisa riduzione della spesa corrente ed in particolare una contrazione dell’area delle amministrazioni pubbliche che soffocano le capacità di azione dei cittadini. Invece tra il 2001 ed il 2006 non vi è stata alcuna riduzione della spesa pubblica corrente; la pressione fiscale è rimasta quella che era; il progetto di liberalizzazioni che avevo sottoposto al Consiglio dei ministri come responsabile del progetto Lisbona, venne accantonato nel 2006 e mai più ripreso.Ancora più deludente il bilancio di questo primo anno e mezzo di legislatura.Accantonato ogni progetto ambizioso di riordino della Pubblica amministrazione (compresa l’abolizione delle Province) per ridurre la spesa corrente e quindi ridurre la pressione fiscale, il Governo ha finito per limitarsi ad una politica del giorno per giorno. Ma questo non ci garantisce affatto l’aggancio alla ripresa mondiale quando avverrà perché comunque l’Italia non è sufficientemente competitiva.Non abbiamo condiviso la riforma federalista dello Stato dalla quale scaturiranno inevitabilmente, per il modo con cui essa è stata articolata, nuovi oneri per la finanza pubblica. In mancanza di una vera riorganizzazione di tutta la macchina politico-amministrativa, la promessa di devolvere al centro-nord maggiori risorse fiscali assieme alla necessità di garantire al Sud le risorse di cui gode attualmente porterà sicuramente ad un aumento del deficit o della pressione fiscale.Su un piano più politico, ho molti dubbi su vari aspetti della politica estera, mentre una lunga serie di errori sta mettendo in crisi quel delicato equilibrio fra lo Stato laico e la Chiesa cattolica che fu uno dei frutti migliori della collaborazione fra DC e partiti laici nel dopoguerra.Il tempo entro il quale l’Italia deve cambiare strada si sta facendo sempre più breve. Il mondo non attende le nostre pigrizie e le nostre esitazioni. Nuovi paesi si affacciano sul mercato e gli spazi per l’Italia tendono a ridursi perché le imprese hanno costi, tra cui quelli fiscali, troppo elevati. La scuola e l’Università, da cui nasce l’innovazione, versano in condizioni disperate. Il sistema pensionistico richiede, per essere sostenibile, un allungamento dell’età pensionabile. La Pubblica amministrazione è insopportabilmente estesa e costosa.Ecco perché sono giunto alla conclusione che per noi una fase si è chiusa ed è necessario aprire una riflessione sul modo nel quale realizzare nel Paese la svolta politica indispensabile per fermare il declino italiano che dura da quindici anni e preparare un degno futuro per i nostri giovani. Mi creda.
GIORGIO LA MALFA, Deputato del gruppo misto (Componente Repubblicani)

Comments:
I topi lasciano la barca perché pensano che stia per essere affondata dai pirati..
Tutto torna. C'é un bel ribaltone in vista..Ha ragione Brunetta.
 
Troppo dietrologa! La Malfa è stato fin troppo paziente. Berlusconi con la sua stra-maggioranza poteva fare tutte le grandi riforme che voleva. E non le ha fatte.
 
Ma perchè, si crede che basti una maggioranza, anche sostenuta, per fare le riforme?
Basti vedere quello che è successo,ad es., con l'ultima avvenimento editoriale: l'uscita del giornale di Travaglio e Co.
La magistratura che vive di privilegi e politica, appena ha sentito di riforma di Giustizia e separazioni di carriere, si è subito attivata per farsi un suo giornale. Non gli bastava il partito del palazzinaro trebbiatore.
 
Fort, se si è ridotti al punto che si ha paura di un giornale che venderà se va bene 50.000/70.000 copie,allora è meglio andarsi a gettare a mare.
 
Fort, scusa, ma nei Paesi anglosassoni le leggi, anche molto innovative, passano e sono subito operativo con un voto in più. Solo in Italia ci vogliono le consociazioni Destra-Sinistra per fare le riforme?
Separazioni delle carriere, liberalizzazioni degli Ordioni professionali, abolizione delle Province, riduzione dei poteri delle Regioni, liberalizzazioni di molti servizi corporativi, compreso la riduzione a mero Albo dell'Ordine dei giornalisti, erano cose alla portata di questo Govertno. Roba da pochi mesi. Ed è passato oltre un anno.
Senza contare le insufficienti misure economiche e i favori alle banche.
La risposta è che il Centro-Destra è variegato al suo interno, con cospicue forze conservatrici e stataliste. E Berlusconi non sa o non vuole imporsi. Come Prodi.
 
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