28 settembre 2009

 

Il trionfo liberale in Germania, proprio in tempo di crisi economica, dimostra che…

Non c’è cosa più relativa della politica. Tutti a dire che la democristiana Merkel ha stravinto. Per la verità, a guardare ai voti in assoluto, Frau Angela ha ancora ridotto i suoi voti dell’1,4% (alle precedenti elezioni aveva già perso il 3,3). Ma sono stati i socialisti a crollare in modo disastroso. E soprattutto grandissimo successo liberale (14,6%).
Il vincitore vero è stato, dunque, il liberale Guido Westerwelle, eccentrico e anticonformista liberista e libertario (si veda il suo ritratto nell'articolo di Enzo Bettiza), che ha solo smussato un poco le punte di liberismo economico.
I socialisti, che anche in Germania non hanno capito nulla (il comunismo è morto, ma evidentemente anche il suo fratello socialismo non sta tanto bene in salute), sono stati giustamente puniti. Avevano sostenuto che la crisi mondiale "è la crisi del mercato", sventolando lo spauracchio di un mercato "ancora più libero" con i liberali al Governo. Ma gli elettori sono stati più intelligenti di loro.
I liberali di Westerwelle hanno avuto buon gioco nel dimostrare, al contrario, che proprio il liberalismo, fin dagli albori, è l’ideologia delle regole, e che "l’attuale crisi mondiale non è la crisi del mercato". Anzi, le ben note, severe, regole liberali di concorrenza sono state aggirate negli Stati Uniti e in altri Paesi da favori, privilegi, trucchi, mancati controlli e rapporti obliqui con i Governi.
Insomma, proprio l’attuale crisi dimostra, al contrario, che cosa può succedere alla finanza e all’economia quando ci si allontana dalle corrette "regole di mercato" e si eludono furbescamente i controlli degli Organismi garanti impedendo ai consumatori, i veri primi attori del mercato, di operare le loro scelte oculatamente.
Perciò, pare voler dire il grande successo di Westerwelle, torniamo al mercato libero, ma quello vero (alla Einaudi, diremmo in Italia), cioè che sia davvero regolato in modo corretto mettendo tutti i concorrenti sullo stesso piano di parità, senza trucchi in Borsa o nelle banche, e senza favoritismi politici. Solo così l’economia e la finanza possono spazzar via e punire le mele marce, senza danneggiare gli incolpevoli cittadini-consumatori, e anzi restituendo a questi ultimi il ruolo di protagonisti del mercato.

Comments:
CARI AMICI,
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a presto!!
 
Sono contento per il risultato, ma anche un po' "incazzato" se lo confronto con nostro miserevole 0.3% dal quale chissà quando mai ci schioderemo.
Questo prova comunque che le potenzialità per la formazione di un forte soggetto politico liberale ci sono tutte, anche in Italia.
 
Caro Gaetano, sarebbe non ingeneroso ma sbagliato politicamente paragonare i Liberali tedeschi, già unificati da decenni, con i Liberali italiani, dispersi in mille rivoli. Prendersela con l'unico piccolo rivolo che almeno tiene accesa la fiammella simbolica del partito originario mi sembra assurdo e ingiusto. (Detto da me, poi, che lo critico...). Insomma, i Liberali tedeschi andrebbero paragonati a quelli italiani DOPO la riunificazione tra PLI, PRI, Liberali del PDL e del PD. E anche, visto che i Radicali in Germania non esistono, anche con i Radicali. Più i tanti club locali e i milioni di liberali sparsi che non votano...
Insomma, andremmo a finire al 20-30% e più.
Perciò io me la prendo con tutti questi amici, e non con gli anti-liberali.
 
Enzo Palumbo ha così commentato sul gruppo "Partito Liberale Italiano" di Facebook la vittoria liberale in Germania:
"Al di là della legittima soddisfazione per il successo dei liberali tedeschi, occorre evidenziare la distanza politica che separa i liberali tedeschi(autentici) dai liberali italiani (sedicenti) del PdL e da tutti i liberali taliani (veri) che, perseverando nell’errore di questi ultimi 15 anni, ancora guardano speranzosi al PdL.
E non si rendono conto che si tratta di un mero contenitore elettorale, populista e plebiscitario, creato ad uso e consumo del suo padre-padrone, e nel quale ormai e sempre di più prevalgono le tentazioni autoritarie (del tipo: il Parlamento è solo un impiccio, chi avanza critiche al governo è antitaliano, la TV ed i giornali devono dire bene del governo se no sono disfattisti, la magistratura è un mostro, le opposizioni devono andare...a quel paese, e così via).
La ciliegina sulla torta l'ha messa oggi Berlusconi, esaltando il presunto successo (che non c'è stato, anzi..) dei popolari CDU-CSU tedeschi, ed invece dimenticando il successo (che c'è stato, e come!) dei liberali della FDP.
Il che dovrebbe fare capire, una volta di più, che il PdL e Berlusconi non hanno niente a che fare coi liberali, tanto è vero che in Europa hanno scelto di stare coi popolari e non coi liberali.
La destra italiana, almeno questa destra, è profondamente illiberale, e lo manifesta ogni giorno di più, eccezion fatta per le recenti coraggiose ed innovative posizioni di Fini, che non esito a definire liberali e che però dovranno prima o poi tradursi in fatti concreti (la separazione dal tronco del PdL), senza di che resteranno sterili.
Purtroppo, nell'approssimativa e sommaria distinzione destra-sinistra, la stampa italiana non aiuta a capire, e sta facendo passare il messaggio che i liberali tedeschi rappresenterebbero in quel Paese la destra mentre la CDU-CSU tedesca sarebbe invece il centro.
E’ vero invece l’esatto contrario: in Germania la destra (genuinamente democratica, come la nostra DC della prima Repubblica) è la CDU-CSU della Merkel, mentre il centro è la FDP di Westerwelle, che ha positivamente metabolizzato talune posizioni di verdi e socialisti".
 
Caro Michelazzi, questo sito è stato aperto da me poco prima di fondare nel 2006 il Comitato per la riunificazione di tutti i liberali italiani. Questo Comitato ha lavorato bene (v. il Manifesto, sul colonnino, elaborato per mettere d'accordo tutte le componenti liberali, di centro, destra e sinistra) ed è riuscito a riunificare almeno una decina e più di gruppi di diverso orientamento liberale. Ma poi si è dovuto fermare, perché per suo odinamento può unificare solo i club o partiti, non i singoli. Se no, diventerebbe a sua volta l'ennesimo nuovo partitino.
Peccato, perché i liberali di base anche in Italia sono la maggioranza, ma i loro rappresentanti politici sono inadeguati, e hanno scelto per opportunismo e scarsa intelligenza di appoggiare questo finto e populistico Centro-destra, che nulla o ben poco ha di liberale. Semmai ha molto di clericale e conservatore. Infatti pur potendo aderire al Gruppo Liberale del Parlamento Europeo, ha scelto di far parte dei Popolari. Speriamo che alla fine politica di Mister B segua un rimescolamento di carte e una presa di coscienza (e di dignità) dei liberali italiani di ogni tendenza. Si dovrà andare a Stati Generali dal basso del Liberalismo italiano.
Siamo oltre il 30% degli Italiani, ma senza rappresentanza...

[leggi anche e soprattutto i primi articoli e il Manifesto iniziale]
 
Un partito che si chiama PLI, e che si pone come erede del glorioso PLI di Einaudi e Malagodi NON PUO' accontentarsi di tenere accesa la debole fiammella della speranza. Se l'attuale dirigenza non riesce a fare di più (e ormai sono 12 anni) si faccia da parte, please.
 
Eh, ma già il "glorioso" PLI era moooolto carente e troppo moderato nell'agone politico. Rappresentava solo una minima parte del Liberalismo italiano. PLI PRI e PR ebbero contatti stretti solo ai tempi del divorzio. Limitarsi a tornare al PLI è dunque sbagliatissimo: sarebbe il riconoscimento di una sconfitta. Oggi, dopo la fine del comunismo e il trionfo residuale del L., si devono unificare tutti i liberali di tutte le tendenze e di tutti i partiti. Quindi il soggetto nuovo futuro non potrà certo chiamarsi PLI.
Perciò, insisto, è molto più grave il comportamento dei tanti liberali sparsi che sopportano di stare in partiti non liberali (PDL, PD, UDC) o personalistici (Rad, IDV), impedendo così la formazione di un Terzo Polo liberale del 20-30%, che la romantica ostinazione di chi conserva il nome, solo il nome, del piccolissimo già a suo tempo PLI.
Non so che afferri il concetto: sono due responsabilità abissalmente diverse. Perché il PLI di oggi, con questo nome vecchio e ormai bruciato dalla Storia, non potrebbe mai unificare tutti i liberali italiani, anche se segretario fosse Belzebù. La riunificazione non è un'annessione: tutti devono partire su un piano di parità, dopo Stati Generali. E' chiaro quest'ultimo passaggio?
 
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