9 luglio 2009

 

Dai "liberal" PD al nuovo soggetto liberale. "Ma se tutti sono liberali, non serve"

L’Italia è ancora, malgrado la crisi, la sesta o settima potenza economica dell’Occidente. Ma anche se fosse la decima o ventesima, è ormai talmente inserita nell’emisfero occidentale basato sul liberalismo da rendere ozioso ogni discorso sulla "rinascita" e "riorganizzazione partitica" di un soggetto liberale. Insomma, se tutti o quasi sono liberali, se le differenze sono solo sul grado di liberalismo da realizzare, a che servirà mai un Nuovo Soggetto liberale?
Se lo chiede una nota troppo breve e tagliente per non essere provocatoria apparsa sul sito di Società Libera, un pensatoio culturale fondato da accademici e imprenditori che diffonde i valori di una società libera senza vincoli di partito. In questo senso, la dedica che nel sito web chiude la pagina del "chi siamo" è una eloquente frase di Ralf Dahrendorf: "La società liberale, non è una prerogativa di alcun partito politico. E’ un obiettivo di significato più ampio, e più globale. E’ più importante riflettere su cosa una società liberale richiede piuttosto che costruire un nuovo liberalismo". Citazione che sembra scelta con cura tra mille, quasi come alibi.
Certo, ma è ovvio immaginare che il pensatore tedesco-inglese pensasse alle società avanzate nelle quali era vissuto, figlie della Riforma e già compiutamente liberali da generazioni, non ai Paesi occidentali on the border, come l'Italia, che per il prevalere negli ultimi 90 anni di tendeze fasciste, clericali e comuniste non ha potuto rafforzare quel liberalismo che le élites del Risorgimento erano riuscite a realizzare. Tanto che, nonostante sia obbligato dal consorzio internazionale, ancora oggi stenta a varare riforme liberali, per la mancanza di un soggetto autorevole e credibile che ne assuma intera la responsabilità.
Di Società Libera fanno parte numerosi uomini di cultura provenienti dalle più diverse esperienze, dalla Sinistra alla Destra, dal PD al PdL. L'amico Morelli nell'articolo seguente accenna a trascorsi socialisti, più che liberali, dell'autore dell'editoriale, e poi a ingarbugliate ragioni interne al PD. Non conosciamo né ci interessano questi antefatti. Ci limitiamo con ingenuità liberale a notare che il Consiglio direttivo di Società Libera, di cui faceva parte l’appena scomparso Ralf Dahrendorf e a cui tuttora appartiene Giovanni Sartori, è presieduto da Salvatore Carrubba. Nel Comitato Scientifico tra gli altri Augusto Barbera, Luigi Compagna, Dario Antiseri, Raimondo Cubeddu, Giulio Giorello, Piero Ostellino, Angelo Panebianco.
Semmai, l'interrogativo che viene spontaneo è: quanto incidono questi bei nomi sulla conduzione politica di Società Libera? Ma li leggono almeno gli editoriali, come questo sbrigativo e tranchant di Morganti? E se sì, com'è possibile che approvino? Io non azzardo ipotesi, né faccio dietrologia. Ma il panorama ipotizzato da Morelli nell'articolo di risposta (vedi) è inquietante. Sarebbe in atto, dentro e fuori del PD, un tentativo di normalizzazione tra liberali veri e finti, con ovvia prevalenza dei secondi? In tal caso, certo, la creazione di un grande, vero, soggetto liberale, come terza forza della Ragion Critica, potrebbe disturbare gravemente i manovratori, sia di Destra sia di Sinistra. Ma forse è solo un incubo. Anche perché su questo punto poco o nulla è venuto alla luce nel dibattito esterno. Perfino Radio Radicale, a parte il doveroso appoggio a Ignazio Marino, non ne accenna.
Altrimenti, non sapremmo che pensare di tante e belle intelligenze del Direttivo e del Comitato Scientifico di Società Libera, che discettano ad ogni pie' sospinto di Liberalismo e, ne siamo sicuri, sinceramente lo amano, anzi lo pretendono, ma che poi curiosamente non vogliono un Partito che lo realizzi. Anzi lo escludono apertis verbis nella stessa presentazione del Gruppo.
Immaginate una assise di intellettuali socialisti o conservatori, repubblicani o cattolici, riunita per riaffermare i propri valori con forza, che commettesse l’errore di escludere pubblicamente fin dall’inizio qualsiasi possibilità di dare vita ad un soggetto politico pratico che agisca nell’agone mondano. Impossibile a immaginarsi. Una tattica che farebbe inorridire perfino la più mite signora anziana giocatrice di poker.
E allora è il solito paradosso liberale? Solo i liberali italiani, gli unici, veri illuminati, credono che le idee liberali possano discendere da sole per grazia del Logos sulle teste dei politici, ed ispirarli?
Suvvia, il mondo delle favole dovrebbe essere lontano per questi anziani intellettuali. Possibile che abbiano dimenticato gli esempi della Storia, che cioè le idee non marciano da sole, senza un supporto politico che le rappresenti nella vita sociale ogni giorno? E’ per errori del genere che il Liberalismo italiano, unico in Occidente, è malaticcio, perdente, costretto sempre sulla difensiva, più pronunciato a vanvera che praticato.
Insomma, il nuovo paradosso di Zenone (Zenone, proto, non Zanone...) sarebbe che "Se tutti sono liberali, nessuno lo è". Corollario: "Anzi, nessuno lo deve essere, né sembrare".
Per riprendere l’abusato Benda, se di "trahison des clercs" si tratta, ebbene, a guardare certi pensatoi e comitati scientifici "liberali", il parterre dei chierici laici italiani colpevole in solido di trahison è come sempre ben nutrito e rappresentativo.
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Ma diamo la parola al breve editoriale di Società Libera, a firma di Franco Morganti, diffuso con la Newsletter quindicinale n. 135 del 1 luglio 2009, e reperibile anche sul sito http://www.societalibera.org/it/:
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COLLOCAZIONE CERCASI
"Puntualmente – scrive Società Libera – dopo le elezioni europee, si pone il problema della collocazione dei democratici italiani nel parlamento europeo. L’ultimo compromesso sarebbe quello di vederli confluire nel PSE che allo scopo cambierebbe nome in ASDE. Questo non soddisfa i Liberal-PD, cioè i liberali del PD e neppure altri liberali sciolti, come leggiamo sulle email che ci pervengono. Ma crediamo non siano soddisfatti neppure i superstiti liberali del PdL, costretti a ritrovarsi nel PPE.Crediamo che il problema stia a monte, come si diceva una volta, e cioè nella pretesa dei liberali di costituirsi o di esser riconosciuti come tali in un partito politico, almeno in Italia.
Il liberalismo ha vinto la sua battaglia storica contro la dottrina antitetica, che era il comunismo e permea il contesto giuridico e istituzionale di tutti i paesi democratici. A che scopo distinguersi e caratterizzarsi come liberali, quando lo scontro, nell’ambito della cornice liberale, è fra dosi maggiori o minori di dirigismo o di liberalizzazione? E’ come se i matematici, visto che la loro disciplina ha largamente conquistato il mondo, pretendessero una rappresentanza politica in quanto matematici.
Che facciano cultura liberale, di cui c’è sempre grande necessità, piuttosto che spendere le loro energie nell’organizzazione partitica!"
FRANCO MORGANTI

Comments:
Caro Nico, penso che la nota di Morganti nasca dall'interpretazione del liberalismo solo come libertà economica; ne sono chiara prova le parole “A che scopo distinguersi e caratterizzarsi come liberali, quando lo scontro, nell’ambito della cornice liberale, è fra dosi maggiori o minori di dirigismo o di liberalizzazione?”

Ė abbastanza diffuso confondere il liberalismo con il solo suo aspetto economico. La nota di Morganti mi ricorda quanto risposi male a un mio amico socialista ed ex comunista quando un giorno mi disse che “ormai comunismo e liberalismo erano cose entrambe superate”; gli risposi male e alquanto arrabbiato. Solo dopo, ripensandoci, e ripensando a quante volte mi aveva chiesto quale differenza ci fosse tra liberismo e liberalismo, mi resi conto che ero io a non aver capito lui e il perché della sua affermazione: nel suo imprinting marxista il liberalismo era qualcosa di troppo estraneo per essere concepito per quello che noi liberali intendiamo; per lui era una semplice antitesi economica del comunismo.

Ciao. Guido Di Massimo
 
Sì, questo è un altro spetto interessante, quasi di psico-politica. Destra e Sinistra credono di aver ormai metabolizzato il liberalismo "politico" (e non è vero affatto, semmai hanno acquisito la democrazia formale). Sul liberalismo economico, pensano, si può invece discutere, visto che se ne discute anche negli Stati liberali. E sbagliano anche qui: 1. perché uno Stato liberale deve mediare tra tante posizioni (partiti), 2. perché l'attuale crisi finanziaria (se dovessero alludere a questo...) trova tutti i liberali d'accordo: non sono state rispettate le poche ma ferree regole liberali sul mercato (controlli ecc).
 
La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu
 
necessita di verificare:)
 
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